Milano - Crisi di governo entro gennaio? «Gli italiani ne sono convinti». E anche Silvio Berlusconi. Che rileva un gradimento sempre più basso per l’esecutivo Prodi: «Non credo che una maggioranza possa continuare a governare un Paese in cui appena il 19,5 per cento, cioè meno di due italiani su dieci, mostra apprezzamento per il governo». Il 14 ottobre, quando nascerà il Partito democratico, sarà «la data del cambiamento, ne sono assolutamente certo: assisteremo in un periodo molto breve alla frantumazione di questo governo, e noi torneremo dal capo dello Stato a chiedere che sia data al popolo la possibilità di darsi una nuova maggioranza e un nuovo esecutivo. Il presidente non potrà non ascoltarci. Noi faremo un giuramento assoluto di concordia e vinceremo le elezioni con un margine di voti tale che ci garantiremo una larga maggioranza nelle due Camere anche con questa legge elettorale».
Il leader dell’opposizione ha parlato al termine di una lunga giornata, cominciata a Roma con una serie di incontri a Palazzo Grazioli (il più importante con i parlamentari della Destra di Francesco Storace) e chiusa sotto un gigantesco tendone afoso in Piazza Affari a Milano, davanti alla Borsa, ospite d’onore applauditissimo della cena di gala di An accompagnata dalla chitarra di Mariano Apicella e dal suo repertorio di canzoni napoletane.
Berlusconi non si è sbilanciato a indicare su quale pietra inciamperà Prodi. Cadrà sulla Finanziaria? «Wait and see», ha risposto in inglese uscendo dalla residenza romana: aspettiamo e vediamo. Come dire: il centrosinistra si sta scavando la fossa da solo, lasciamolo fare. Davanti ai mille invitati di An ha affermato che la crisi è «molto probabile», forse addirittura «durante il cammino della Finanziaria». Non ha escluso che i brandelli del centrosinistra riescano in qualche modo a varare la seconda manovra firmata Tps, che pure «contiene una stangata nascosta per i cittadini» e dunque è attesa da un percorso minato.
Lo sgambetto arriverà dai centristi dell’Unione, cioè Clemente Mastella e Lamberto Dini. «Non ce la fanno più a restare nel centrosinistra», ha confidato Berlusconi a Storace e ai suoi. Il numero dei senatori «scontenti» continuerebbe a crescere e su questo malcontento il capo dell’opposizione conta per la caduta di Prodi. «Non saranno operazioni di trasformismo o brutali cambi di casacca - ha aggiunto - ma semplicemente la scelta di centristi che non ce la fanno più a stare con l’Unione. Tra le loro file, specialmente al Senato, si verificherà uno smottamento politico importante».
La costituzione del Partito democratico avrà un effetto devastante sul governo. «Il Pd è un’operazione verticistica, pianificata a freddo, con primarie dall’esito già scontato che spegneranno le luci sulla Margherita e i moderati», i quali si staccheranno dal nuovo centrosinistra per non essere fagocitati nel Partito socialista europeo. Il Cavaliere prevede che essi non aderiranno al centrodestra ma «si raggrupperanno attorno a formazioni già esistenti nel campo liberale»: «I moderati si sono definitivamente accorti che la sinistra in Italia è strutturalmente incapace di governare, perché la sinistra cosiddetta riformista ha bisogno della sinistra che orgogliosamente continua a chiamarsi comunista. I risultati si vedono, come a Napoli, unica città europea che non sa smaltire i suoi rifiuti. Là lo Stato ha rinunciato a fare lo Stato, è una cosa invereconda».
Da Berlusconi è partito anche un messaggio agli alleati. Il Cavaliere, ha riferito Storace, è convinto che «la frattura tra la Destra e An si ricomporrà con la fine delle polemiche. Le polemiche devono rivolgersi tutte contro la sinistra. La Casa delle libertà dev’essere compatta se l’obiettivo è quello di andare al voto al più presto». «Non ripeteremo l’errore di presentarci divisi nelle circoscrizioni estere - ha detto ieri sera il Cavaliere -. La mia presenza qui testimonia la concordia e l’amicizia che ci lega dopo tanti anni di lavoro comune. Nel centrosinistra è avvertibile l’aria di smobilitazione. Non c’è mai stato nella storia d’Italia un distacco simile tra il gradimento del premier (23 per cento) e del capo dell’opposizione (63). Secondo i nostri calcoli, a Palazzo Madama avremo un vantaggio di 39 senatori anche con la legge attuale».
Nessun appoggio a un governo di transizione, dunque, nemmeno per riformare la legge elettorale: «L’ipotesi non regge, sono altre le emergenze
del Paese, non è vero che la legge sia una porcata». A scanso di equivoci, alla Stampa Berlusconi ha annunciato: «Ho già arruolato il mio esercito di scrutatori». Le contestazioni sul voto del 2006 non sono affatto sopite.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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