Roma - La scelta è sofferta. Ma alla fine l’«operazione chiarezza» portata avanti da Forza Italia, Lega e Alleanza nazionale - che decidono di adottare una linea comune e di astenersi al Senato - produce l’effetto desiderato: accende i riflettori sulla mancanza di autosufficienza politica del governo e intesta all’Udc la responsabilità della sopravvivenza dell’esecutivo. La soddisfazione dei leader è naturalmente soltanto parziale visto che il bersaglio grosso, ovvero la caduta di Romano Prodi, non viene raggiunto. Ma la convinzione di aver dimostrato, numeri alla mano, che il governo non è legittimato a governare perché privo di una maggioranza in politica estera è forte e diffusa. E prende corpo nelle parole di Silvio Berlusconi. «Quella dell’astensione è stata una scelta assunta in pieno accordo tra An, Forza Italia e la Lega Nord: la Cdl, tranne l’Udc, è compatta» dice il leader di Forza Italia. «Un governo che non ha una vera maggioranza, che non è autosufficiente, non è legittimato. Mi spiace ripetere questa cosa, mala situazione non cambia e il prodotto non fa assolutamente bene al Paese. I nostri alleati (Stati Uniti e Gran Bretagna ndr) sanno benissimo che è un problema fra opposizione e governo e sono al corrente delle motivazioni del nostro agire».
Sulla genesi dell’accordo politico interno al centrodestra, il leader azzurro smentisce di aver dovuto cedere a pressioni esterne. «Non c’è stato nessun diktat della Lega. Èstata una presa di posizione determinata da una riflessione di tutti gli organi direttivi dei partiti. Forza Italia, An e Lega si sono trovati in perfetto accordo e la Cdl quindi è stata compatta nella soluzione», spiega l’ex presidente del Consiglio. I cronisti provano, allora, a sollecitarlo sulla navigazione solitaria scelta da Pier Ferdinando Casini. «Presidente, quindi lei non considera un dramma il fatto che l’Udc voti con il governo?». Silvio Berlusconi riflette per un attimo, quindi al cronista che gliela pone sorride per poi tornare a farsi serio e dire: «Passiamo alla prossima domanda...». Il leader azzurro, a questo punto, sposta il tiro sull’Unione. Lo fa per esprimere una convinzione: che la querelle interna al centrosinistra non è destinata a esaurirsi con il voto del Senato. «C’è una sinistra che ha assunto una posizione antieuropea e antioccidentale e che considera ogni iniziativa degli Stati Uniti come un atto di imperialismo. C’è poi un’altra sinistra che io chiamo smarrita che ormai non ha più ideali e non ha più retroterra» attacca Berlusconi. «È chiaro che al loro interno non possono trovare un accordo sulla politica estera, nello scontro vincerà sempre la posizione estrema».
Le altre voci di Forza Italia si soffermano sulla «sconfitta politica» della maggioranza. «Sono a 155, rimarchiamo questo numero che dimostra che non sono autosufficienti in politica estera» insiste Paolo Bonaiuti. «Questo vuol dire che non sono legittimati a governare il Paese». Gli fa eco Renato Schifani. «La maggioranza non è stata autosufficiente, non ha raggiunto i 158 voti: Turigliatto, Rossi e Bulgarelli non hanno votato. Si è ripetuto lo stesso scenario di quando D’Alema è caduto in quest’aula. La maggioranza non è autonoma. Prodi deve dimettersi». Chi sceglie di soffermarsi, con punte critiche più affilate, sul peso della scelta compiuta dai centristi è Gianfranco Fini che rivolge una sorta di appello alla ragionevolezza a Pier Ferdinando Casini. «Il voto ha confermato che il governo non ha nella politica estera una maggioranza autonoma e autosufficiente di 158 senatori » dice il leader di An. «Sopravvive solo grazie ai senatori a vita ma per il soccorso dell’Udc questa sera canta vittoria e si sente politicamente più forte. Ci auguriamo che l’onorevole Casini, della cui onestà intellettuale non dubitiamo, rifletta sul perché oggi è stato tanto elogiato dalla sinistra. Forse perché la teoria delle due opposizioni aiuta solo Prodi».
Parte, invece, decisamente all’attacco del partito di Via Due Macelli, il leghista Roberto Calderoli. «Salutiamo l’ingresso dell’Udc in maggioranza. Non c’è la maggioranza politica, il decreto è stato approvato con una maggioranza diversa da quella chiesta da Napolitano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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