nostro inviato a Milanello
Se il Milan avesse il suo smalto, sarebbe destinato a una stagione da sogno. Potrebbe candidarsi davvero a vincere campionato e Champions, come sulla carta, viene invitato a fare l’ultimo arrivato sulla panchina più scomoda d’Italia, Massimiliano Allegri. E invece, purtroppo per il popolo rossonero in depressione acuta, l’unico uomo al comando di una squadra riconfermata in blocco è Silvio Berlusconi, il suo presidente. Ieri, per qualche ora, l’uomo reclamato dai suoi tifosi e anche sbertucciato da striscioni e fischi, è tornato sul ponte di comando a Milanello dove è riuscito a trasformare la composta contestazione in un bagno di folla con foto e autografi riservati ai fedelissimi. Scoppiettante lo show in sala-stampa, al cospetto di uno smarrito Allegri, Galliani e un po’ di volti nuovi (Amelia, Papastathopoulos, Yepes con il «vecchio» capitan Ambrosini) e di un folto pubblico fatto di illustri tifosi, Roberto Maroni, ministro dell’Interno, cui ha dedicato un brevissimo spot sulla preziosa attività di guerra alla mafia, più sponsor, dirigenti, giornalisti, operatori tv, fotografi e guardie del corpo. Era nel suo habitat naturale, Silvio Berlusconi. «A Milanello mi diverto, a Roma mi dispiaccio» il suo tormento.
Lo show è cominciato con la consueta raffica di cifre tesa a documentare lo sforzo gigantesco compiuto dalla famiglia per consentire al Milan di diventare «il club titolato al mondo»: «461 i milioni investiti negli ultimi 7 anni, in 25 anni lo sforzo sostenuto è stato di 1 miliardo e 100 milioni». Inevitabile la chiosa: «Faccio fatica a sottrarre i miei figli alla voglia di interdirmi».
Allegri, il nuovo tecnico, se l’è cavata con un dignitoso silenzio. É rimasto ad ascoltare, per ora, senza prendere appunti. La presentazione al pubblico di casa è stata la seguente. Ha scandito Berlusconi: «Ha la faccia apposta per essere una star del cinema, ma è anche un bravo allenatore che ha avuto brillanti risultati». Sarà complicato per il livornese togliersi l’etichetta del mancato attore e guadagnarsi sul campo il credito di efficiente allenatore del Milan. Al successore del criticatissimo Leonardo, ha affidato la missione di sempre: «Vincere e convincere». Mica facile.
Specie se il convincimento del patron è quello di schierare «una rosa assolutamente adeguata». «Sfido chiunque a dirmi il nome di una squadra che ha una sommatoria di classe a centrocampo simile a quella che abbiamo con Ronaldinho, Pirlo, Seedorf e Pato» il suo affondo. E poi via con la presentazione dei nuovi, da Amelia, lodato per le uscite spericolate (ogni riferimento al gol di Stankovic contro l’Inter è bandito, ndr) a Yepes inserito nell’elenco dei belli, al fianco di Borriello, «fanno innamorare le tifose, serve anche quello», fino al greco Sokratis, «forte e robusto», «hai bisogno di un diminuitivo, papa va bene?, aspiravo anch’io...» prima di soffermarsi sul suo pupillo Ronaldinho.
«È l’unico incedibile» la garanzia sottoscritta in pubblico e privato. «È il miglior giocatore di tutti i tempi per la velocità di pensiero e di gambe» il giudizio impegnativo firmato. «Vale 10 volte la cifra circolata sui giornali e da solo il prezzo del biglietto» l’avviso ad eventuali acquirenti. Insieme con la sicurezza della conferma futura. «Non gli ho ancora parlato, ma l’ho sentito durante la stagione» il particolare non trascurabile.
Su Ronaldinho (oltre che sulla posizione di Pato), si è aperto il contenzioso tecnico con Leonardo, sui carboni ardenti di Ronaldinho dovrà passeggiare anche Allegri. «Io lo vedo dietro le punte» lo schema disegnato dal presidente. E a chi ha provocato segnalando che quello era lo schema di Mourinho, la risposta folgorante non è mancata: «Mourinho, gran personaggio, ha copiato da me». Se i tifosi, fuori dai cancelli, hanno segnalato l’assenza di Berlusconi nei mesi passati, la spiegazione non è poi così strumentale: «Dopo quel tentativo di uccidermi, che era preciso e non campato in aria, poi si è visto come è intervenuta la giustizia, una cosa fuori da ogni commento, la sicurezza ha insistito perchè non andassi più allo stadio e mi son dovuto privare anche di questo piacere». Tartaglia ci ha messo del suo, ma anche Leonardo. «Vedere Huntelaar giocare a 50 metri dalla porta mi dava una certa fitta al cuore...»la stilettata del patron all’ex.
Quotare in borsa il Milan non si può, e all’orizzonte non ci sono acquirenti affidabili e generosi. Cedere il Milan si può, Berlusconi sarebbe pronto, «se si presentasse qualcuno disposto a spendere quanto ha fatto finora la famiglia Berlusconi». Di qui la conclusione che spiega tutto: «Sono tra virgolette costretto a reggere le sorti di questa grande squadra». Che nel cuore gli rimane.
Peccato non ci sia nessuno in famiglia pronto a raccogliere l’eredità: «Ho un nipotino, educato dal nonno, che promette molto bene» l’ultima battuta di Berlusconi. È il figlio di Marina, si chiama Silvio e veste rossonero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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