Berlusconi: "Nessuna banca fallirà"

Il presidente del Consiglio assicura: "Non credo che il materasso sia una cassaforte migliore del nostro sistema". Poi invita a non farsi prendere dal panico: "State sereni, non perderete neanche un euro"

Berlusconi: "Nessuna banca fallirà"

Roma - «Nessuna banca fallirà e nessun risparmiatore è a rischio». Sono da poco passate le nove di sera quando al termine del Consiglio dei ministri straordinario sulla crisi economica Silvio Berlusconi lancia un messaggio chiarissimo: «Vorrei dire a tutti gli italiani che devono stare sereni». È questa, aggiunge rivolto ai giornalisti seduti nella sala stampa di Palazzo Chigi, «la notizia che deve passare». Seduti accanto al premier ci sono Giulio Tremonti e Mario Draghi. E sia il ministro dell’Economia sia il governatore della Banca d’Italia sposano in pieno la linea del Cavaliere. «Il sistema bancario italiano garantisce i risparmiatori nel modo più efficiente in Europa», dice il primo. «Stiamo solo mettendo da parti armi che speriamo di non usare», chiosa il secondo.

E l’immagine usata da Draghi spiega bene le intenzioni dell’esecutivo. I riflessi della crisi che arriva dagli Stati Uniti, infatti, non tarderanno a farsi sentire. E anche se la solidità delle banche italiane dovrebbe evitare tracolli improvvisi («la loro proverbiale tirchieria è oggi un punto di forza», spiegava in Transatlantico il sottosegretario all’Economia Daniele Molgora), l’obiettivo principale è quello di evitare che i risparmiatori siano presi dal panico. Perché, ripete il premier in più d’una conversazione privata, «se domani corrono tutti in banca a ritirare i loro risparmi per metterli sotto al letto allora sì che siamo a rischio». «Ma non credo - dice - che il materasso possa essere una cassaforte migliore del sistema bancario italiano». E lo spirito del Consiglio dei ministri straordinario convocato ieri mattina in tutta fretta e del piano salva depositi approvato a tarda sera è proprio quello di dare un segnale di tranquillità al Paese. «Questo disegno di legge - dice non a caso Berlusconi - è come un timbro notarile su una cosa che avevamo annunciato con estrema chiarezza».

L’Italia, spiega il premier, «non è nella situazione di altri Paesi europei» e «l’intervento di nazionalizzazione seguito dalla Gran Bretagna, ma anche dalla Francia e dal Belgio, è molto diverso dal nostro». Il «nostro sistema bancario», infatti, «è patrimonializzato e liquido a sufficienza e non ha problemi di ricapitalizzazione». Per questo, spiega, il piano prevede che «eventuali ricapitalizzazioni di banche italiane che non trovassero seguito sul mercato avverranno, se necessario, con l’intervento del Tesoro». Ma, aggiunge, «con azioni privilegiate e senza diritto di voto». «Non sarà», insomma, «una nazionalizzazione» e «la gestione delle banche resterà privata» perché lo Stato «entrerà in maniera temporanea e neutrale e solo se la Banca d’Italia lo riterrà necessario». «In una logica di supporto», chiosa Tremonti. Che sintetizza in tre parole lo spirito del provvedimento: «Stabilità, liquidità, fiducia». E spiega: «Stabilità nelle banche, liquidità nelle banche per le imprese, fiducia nel risparmio». Il ministro dell’Economia affronta anche il capitolo depositi. Che, dice, «sono già garantiti dal sistema bancario italiano nel modo più efficiente in Europa». Il decreto, comunque, offre una «garanzia addizionale pubblica per i depositi». Non quelli postali, aggiunge, perché «le Poste non falliranno mai».

Prima di chiudere, Berlusconi si dilunga anche sulle ragioni della crisi, «originata negli Stati Uniti» e che ha colpito «soprattutto il Nord Europa dove c’erano banche piene di prodotti tossici americani». Altro discorso, invece, è quello della borsa che «sta andando in maniera opposta alla crisi del ’29».

Allora, spiega il premier, «società che valevano cento erano trattate a mille» mentre oggi «siamo nella situazione opposta» perché «ci sono società che valgono cento e che, nonostante continuino a guadagnare e non riducano gli utili, il mercato valuta meno». Insomma, «è una bolla speculativa all’incontrario».

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