Berlusconi prevede una nuova ondata di fango "Vogliono la guerra civile, ma io tiro dritto"

Giornata di vertici ad Arcore. Berlusconi detta la linea. Poi cena con lo stato maggiore della Lega e a Umberto Bossi chiede di evitare strappi: "Questo non è il momento di fare delle fughe in avanti". E promette: risolveremo la questione della "bicameralina"

Berlusconi prevede una nuova ondata di fango  
"Vogliono la guerra civile, ma io tiro dritto"

Roma «Vogliono la guerra civile, ma io vado avanti». Chiuso a Villa San Martino, dove passa buona parte della giornata a studiare la strategia difensiva con Ghedini e Longo in vista della richiesta di rito immediato che riverserà sui media altre duemila pagine di nuove intercettazioni, Silvio Berlusconi continua a tirare dritto. Tanto che già prima del vertice serale con lo stato maggiore della Lega - la consueta cena del lunedì con Bossi, Calderoli, Maroni, Cota, Reguzzoni, Bricolo, Mauro e con il ministro dell’Economia Tremonti - il Cavaliere invita il Carroccio ad abbassare i toni. Perché, spiega al Senatùr, «questo non è il momento delle fughe in avanti» e «dobbiamo fare il possibile per evitare strappi».

Non è un caso che verso le sette di sera Calderoli si affretti a ricalibrare il tiro, dopo che qualche ora prima in un’intervista a Sky aveva detto chiaramente che se non si riescono a risolvere «alcune difficoltà nelle commissioni parlamentari tanto meglio staccare la spina». Precisazioni a parte, la questione sollevata dal ministro della Semplificazione non può che essere oggetto di dibattito durante il vertice di Arcore. D’altra parte il problema esiste visto che oltre al federalismo municipale ci sono sul tavolo altri due decreti, uno sul fisco regionale e l’altro sulla sanità. E il primo, trasmesso alla bicamerale i primi di gennaio, ha tempi piuttosto stretti visto che l’esame in commissione dovrebbe concludersi entro il 7 marzo. Data per la quale o si è risolto il problema dell’empasse numerica oppure ci si ritroverà nuovamente davanti a un pareggio. Lo sa Calderoli ma lo sa anche Berlusconi che ieri non ha esitato a dire che «serve una soluzione».

Due le strade che la maggioranza potrebbe percorrere. La prima, più morbida, è quella di porre la questione all’attenzione di Napolitano affinché possa far valere la sua moral suasion con i presidenti delle Camere. La maggioranza - è il senso del ragionamento - ha numeri saldissimi in Senato e saldi alla Camera e non è ammissibile che la bicamerale sul federalismo (dove peraltro il nuovo gruppo dei Responsabili non è rappresentato) non rispetti questi equilibri. La seconda strada, invece, potrebbe essere quella di inserire nel Milleproroghe - che inizierà il suo iter al Senato a metà mese - una modifica della legge delega istitutiva del federalismo che permetta di rivedere i numeri della commissione.

Berlusconi, dunque, va avanti. Con i provvedimenti economici che saranno varati dal Consiglio dei ministri straordinario in programma domani e con l’operazione di allargamento della maggioranza. Sempre domani, infatti, dovrebbero vedersi a pranzo Berlusconi, Pannella e Alfano ed è probabile che si torni a ragionare sull’ipotesi di «cedere» il ministero della Giustizia ai Radicali. Un’idea che il Cavaliere ha certamente accarezzato - tanto dall’averla buttata lì allo stesso Alfano per sondarne la reazione - ma che pare di difficile realizzazione. Non solo perché la Bonino oppone un categorico «no» («Berlusconi - dice - non mi pare più in grado di gestire alcunché politicamente parlando») ma anche perché la distanza tra radicali e centrodestra resta siderale su molti temi. Un esempio è quello dell’amnistia e dell’indulto, storiche battaglie radicali. Se davvero Pannella - o un uomo da lui indicato - dovesse arrivare a via Arenula quello sarebbe un punto irrinunciabile. E cosa ne pensi la Lega non è certo un mistero per nessuno. Insomma, pur essendoci molti punti di contatto (come la separazione delle carriere) rimangono anche divergenze difficilmente conciliabili.

Certo, non è escluso che sulla trattativa possa pesare la proroga di un anno della convenzione per Radio Radicale in scadenza a novembre. Oltre dieci milioni di euro che per le casse dell’emittente che da 35 anni racconta e documenta sedute e dibattiti parlamentari sarebbero una decisa boccata d’ossigeno. Il rinnovo era stato inizialmente previsto nel Milleproroghe per poi sparire durante un preconsiglio dei ministri a fine anno.

Ora, raccontano fonti d’opposizione al Senato, sarebbe in stesura un emendamento (i tempi di presentazione scadono giovedì) per reinserire nuovamente la convenzione da 10,2 milioni nel Milleproroghe. Dovesse passare senza incidenti i Radicali lo considererebbero «un segnale di buona volontà».

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