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Berlusconi rassicura: niente spallata Ma ora teme lo strappo della Lega

Il Cavaliere prende atto del verdetto alle urne: "Volontà di partecipazione che non può essere ignorata, ci impegneremo sulle energie rinnovabili". Timori per uno sgambetto degli alleati leghisti, ma il Cavaliere assicura: "Avanti fino al 2013". La Lega e l'ulltimatum di Pontida: non prenderemo la terza sberla

Berlusconi rassicura: niente spallata 
Ma ora teme lo strappo della Lega

Roma - A rendere di cattivo umore Berlusconi non è tanto l’esito del referendum, in fondo previsto, quanto le prossime mosse - quelle sì altamente imprevedibili - della Lega. L’incubo del premier adesso si chiama Carroccio. A dimostrazione che sia così, la conferenza stampa a margine del vertice italo-israeliano di ieri mattina a villa Madama. Una domanda sulle ultime dichiarazioni di Maroni al Corriere della Sera viene abilmente schivata dal Cavaliere. Il ministro degli Interni, infatti, con toni ultimativi aveva detto che «tirare a campare vuol dire tirare le cuoia» e che «serve un colpo di frusta oppure si va al voto». Commento di Berlusconi? Denti serrati. Il timore che l’alleato a lui più fedele lo molli si fa via via più concreto e la «sberla» del quorum non fa che acuire il sentimento di quanti, nel Carroccio, spingono per uno strappo.

Sui referendum la linea era già dettata da tempo: i quattro quesiti non andavano considerati come un referendum né sulla persona del presidente del Consiglio, né sull’operato del governo in generale. Così, sempre durante la conferenza stampa assieme al premier israeliano Benjamin Netanyahu, Berlusconi dice senza difficoltà che «A seguito di una decisione che il popolo italiano sta prendendo in queste ore, dovremo dire addio all’opzione delle centrali nucleari e impegnarci sul fronte delle energie rinnovabili». Nessun dramma, quindi, nel merito delle quattro domande. Anche perché, dirà poi in serata in una nota: «L’alta affluenza nei referendum dimostra una volontà di partecipazione dei cittadini alle decisioni sul nostro futuro che non può essere ignorata». Quindi: «Anche a quanti ritengono che il referendum non sia lo strumento più idoneo per affrontare questioni complesse, appare chiaro che la volontà degli italiani è netta su tutti i temi della consultazione e che il governo e il Parlamento hanno ora il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum».

Un atteggiamento anglosassone dietro il quale però si cela il vero pensiero del Cavaliere: «Se pensano che questo risultato mi dia la spallata si sbagliano di grosso. Io vado avanti fino al 2013 perché in Parlamento la maggioranza ce l’ho e faremo le riforme necessarie al Paese. In primis quella fiscale. I numeri ci sono». Fino ad oggi. Il premier si aggrappa al comune sentire tra lui e i leghisti nei confronti di Tremonti. Anche il Carroccio addebita al ministro dell’Economia una eccessiva rigidità sui conti, concausa dell’emorragia di consensi tra le fila dei padani. Il salvagente per tutti, quindi, dev’essere una riforma del fisco per aiutare famiglie e piccole imprese e che possa far recuperare il terreno perduto. Certo, il ministro dell’Economia è un osso duro e continua a ripetere che senza risorse è impossibile abbassare le tasse. Ma il pressing continua e i soldi - è il convincimento del premier - si troveranno. Il vero problema è se la Lega, a Pontida, deciderà di mettere il premier con le spalle al muro. Una richiesta forte sul «torniamo a casa» dalle missioni all’estero e/o un «chiudiamo il capitolo Libia» potrebbe essere una spina nel fianco di Berlusconi, forse fatale. L’impossibilità di accogliere le richieste del Carroccio, infatti, sarebbe come esporsi allo «scacco matto».

A quel punto sono due gli scenari che potrebbero aprirsi, entrambi da far tremare i polsi. Il primo è che, anche se Maroni ha evocato le urne, la Lega stacchi la spina e che poi la parola passi al capo dello Stato. A quel punto non è così scontato che si sciolgano le Camere e l’ombra di un governo tecnico si allungherebbe minacciosa. La guida? In molti vedono le scaramucce degli ultimi giorni tra Tremonti e Maroni proprio come una sorta di derby tra i due ministri: un match che avrebbe come trofeo proprio la poltrona di palazzo Chigi. Il secondo è che passi l’estate e che il Carroccio decida di tirare il grilletto a novembre per poi tornare a votare nella primavera del 2012. Con quale legge elettorale e con quali alleanze è troppo presto per dirlo.

Ed è un cattivo pensiero che Berlusconi scaccia come fosse una mosca fastidiosa: «Durerò fino alla fine della legislatura», continua a ripetere ai suoi.

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