Berlusconi rilancia il Pdl: vertici eletti dalla base e più democrazia interna

RomaTutto tace a Villa Certosa. Dove Silvio Berlusconi continua la sua convalescenza e cerca di tirare le fila di un quadro politico sempre più complesso. I fronti aperti sono molti e il fatto che il Cavaliere continui a respingere buona parte delle telefonate in arrivo potrebbe anche far pensare che stia ragionando su qualche soluzione a sorpresa. Di certo, la proposta buttata lì da Calderoli non deve averlo troppo entusiasmato, visto che il ministro leghista auspica «un incontro a tre Berlusconi-Bossi-Fini» per «un nuovo predellino che rilanci la legislatura». Una mossa tattica più che un vero augurio, deve aver pensato il premier. Anche perché è da mesi che il Senatùr spinge con forza per le elezioni anticipate facendo come sempre sponda con Tremonti. E che l’idea di Calderoli non scaldi molto il Cavaliere lo si capisce dal silenzio del Pdl, visto che non c’è nessuno nel partito che si prenda la briga di dire una parola in proposito. Mentre ai finiani Urso e Moffa che raccolgono l’apertura leghista replica il ministro Rotondi: «In tre dal predellino si può anche cadere, meglio salire uno alla volta». Off record un altro ministro è ancora più esplicito: Calderoli vuole solo piantare la bandierina così, se si arriverà alla crisi, la Lega potrà dire di aver provato ad evitarla.
D’altra parte, l’assist leghista per un’eventuale conferenza di pace arriva tardivo e dopo che per mesi il Carroccio ha soffiato sul fuoco. Di più, arriva nel giorno in cui Tremonti incassa una sponda pesante come quella del Corriere della Sera. Non tanto perché dalle colonne del quotidiano di via Solferino il ministro dell’Economia si difende dalle accuse degli ultimi giorni e dice chiaro di non volere governi tecnici e di non essere un traditore, quanto per l’editoriale che ne celebra il rigore come il «maggior successo» dell’esecutivo al punto da ipotizzare che ormai lo si possa chiamare «governo Tremonti e non governo Berlusconi». Una lettura che non deve aver messo troppo di buon umore il Cavaliere - peraltro dopo le frizioni degli ultimi giorni - visto che difficilmente il Corriere della Sera si muove in maniera così netta per caso. Tra l’altro, ancora venerdì, parlando al telefono con un dirigente di peso del Pdl, il premier non ha mancato di ripetere quanto sia diventato «incomprensibile» l’atteggiamento di Tremonti. È un problema - ha aggiunto - che va risolto.
Non certo l’unico, visto che i dossier sul tavolo sono molti. Dai rapporti con il Fli alla trattativa sullo scudo giudiziario con Fini passando per il caso Piemonte e il rischio implosione nel Pdl. Ed è da quest’ultimo punto che ha intenzione di ripartire il Cavaliere. Oggi pomeriggio dovrebbe rientrare ad Arcore dove studierà nel dettaglio l’ufficio di presidenza del Pdl che dovrebbe tenersi mercoledì a Palazzo Grazioli. L’ordine del giorno Berlusconi l’ha già firmato di suo pugno e prevede il via libera a quello che Bondi definisce processo di «democratizzazione» del partito. Una proposta su cui ha lavorato soprattutto Verdini e che prevede l’istituzione di assemblee elettive per l’indicazione dei coordinatori e vicecoordinatori regionali, provinciali e comunali. Non più nominati dall’alto ma eletti da comitati ad hoc composti da deputati, senatori, europarlamentari, consiglieri regionali e provinciali e sindaci che rappresentino il territorio. Un modo per, spiega Bondi, «proseguire l’opera di radicamento del territorio attraverso il coinvolgimento degli amministratori locali e dei militanti». E pure per evitare che gli scontenti di oggi guardino al Fli come una sorta di sfogatoio. Per dirla con le parole di Cicchitto, «adesso bisogna rimettere in moto il partito a livello locale dandogli una struttura associativa il più collegiale e ampia possibile» perché «bisogna avere consapevolezza» che «c’è la concorrenza del Fli».
Un primo passo, dunque, per cercare di rimettere mano in un partito che non solo a Roma ma anche su territorio sta vivendo momenti difficili.

Basti pensare alla spaccatura siciliana con lo strappo di Micciché e il ribaltone in regione o al rischio che anche la giunta della Sardegna guidata da Cappellacci possa scricchiolare a causa dei movimenti della pattuglia che fa capo a Pisanu. Non è un caso che, visto il clima, Bondi decida di lanciare un appello all’unità dell’intera classe dirigente del Pdl che «in questo particolare momento deve dare prova di unità».

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