Roma - Silvio Berlusconi deve aver pensato che la misura fosse davvero piena se qualche giorno fa è arrivato a coinvolgere nell’ennesima bega di governo anche Umberto Bossi e Roberto Maroni. Già, perché al di là dei grattacapi che gli sta dando in queste ore Claudio Scajola e di un delicato rimpasto che oggi potrebbe finalmente vedere una prima quadratura con il premier che è atteso al Colle, il problema di sottofondo resta sempre lo stesso: Giulio Tremonti. Che, si sfoga il Cavaliere con i suoi collaboratori, continua non voler aprire i rubinetti di Via XX Settembre. La goccia che ha fatto traboccare il vaso - tanto da chiedere al ministro dell’Interno di «farlo ragionare» perché «così si va tutti a sbattere, lui compreso» - è il decreto sul comparto sicurezza visto che Tremonti ha detto candidamente al premier che fondi non ce ne sono. Un diniego che domenica gli è valso una sfuriata telefonica - con consueta minaccia di dimissioni - e la richiesta di soccorso rosso alla Lega, che con il ministro dell’Economia ha da sempre un rapporto privilegiato.
Già, perché la situazione rischia di diventare insostenibile, tanto che ieri pure Carlo Giovanardi è salito sugli scudi perché la sua delega di sottosegretario alla Famiglia «è stata svuotata» da «tagli che in tre anni» hanno portato il budget «da 300 milioni a 25». Un «problema politico», dice il sottosegretario, di cui il premier si deve far carico.
D’altra parte, «il capo del governo è lui e non il ministro dell’Economia». Malumori, quelli verso Tremonti, che si vanno moltiplicando se durante una delle tante riunioni a Palazzo Grazioli i vertici del Pdl hanno fatto presente a Berlusconi che «due anni così non li possiamo reggere». Nel senso che se i cordoni della borsa restano ancora chiusi - continuando a creare malcontento in moltissimi settori, ultimi quello della cultura e della sicurezza, la prossima campagna elettorale rischia di essere per il centrodestra una partita persa in partenza. Argomento che il Cavaliere ha girato ovviamente a Tremonti ribadendogli la necessità di andare avanti con la riforma del fisco. E lasciandogli intendere che se continuerà a chiudere i rubinetti se ne dovrà assumere la responsabilità in prima persona. Ecco il perché della battuta di lunedì davanti ai poliziotti che manifestavano ad Arcore («Tremonti dice che i soldi non ci sono, perché non lo fate fuori?»). Come sempre questa potrebbe essere la spiegazione del perché il premier non pare si sia particolarmente infastidito per l’uscita di Giovanardi. È ora, è il senso del suo ragionamento, che tutti si assumano le loro responsabilità. Esattamente la stessa cosa che ha detto telefonicamente prima a Maroni e poi a Bossi nella speranza che i due riescano ad ammorbidirlo: Fatelo ragionare voi.
Tremonti a parte, ieri, è stata anche la giornata del secondo round con Scajola. Con quaranta minuti di faccia a faccia decisamente ad alta tensione e piuttosto interlocutori. Più tardi, con i suoi collaboratori, Berlusconi si è detto convinto che l’ex ministro «non andrà avanti con l’idea dei gruppi parlamentari autonomi» ma è chiaro che resta da definire quale sarà il ruolo di Scajola all’interno del Pdl e tra le ipotesi ci sarebbe quella di affidargli una sorta di delega a curare il partito sul territorio, possibilità che potrebbe anche consentirgli di giocare un ruolo nella partita delle candidature.
Anche se nel partito si è alzato un vero e proprio muro perché - è questo il leit motiv - si comprendono le ragioni dell’ex ministro ma non certo i modi. E se il Cavaliere cedesse ora darebbe il là alle rimostranze di tutti. Il problema, all’interno del Pdl, però esiste. E ieri lo ha fatto presente senza mezzi termini Antonio Martino che, accompagnato dal deputato Giuseppe Moles, ha incontrato il premier a via del Plebiscito. «Non è una questione di incarichi ma di considerazione», ha spiegato l’ex ministro.
Si va sbloccando, invece, la partita del rimpasto.
Ieri Berlusconi ha anticipato di voler presentare oggi al Quirinale i nomi di Giancarlo Galan come ministro alla Cultura e Saverio Romano all’Agricoltura. In stand by, invece, il ministero per le Politiche Ue e la folta pattuglia di sottosegretari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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