Bernanke fa retromarcia: «Tassi, possibili altri rialzi»

La Federal Reserve porta il costo del denaro al 5% con un altro ritocco dello 0,25%. E cancella l’ipotesi di future pause

Rodolfo Parietti

da Milano

L’interminabile catena di rialzi dei tassi americani potrebbe allungarsi ancora. Anche dopo l’ultimo anello, il sedicesimo consecutivo dal giugno 2004, aggiunto ieri dalla Federal Reserve con un’altra mini stretta dello 0,25% che ha portato il costo del denaro al 5% e divaricato ulteriormente la forbice con Eurolandia (2,50%). Del proposito ventilato da Ben Bernanke di concedere una pausa all’azione di restringimento della politica monetaria non c’è traccia nel comunicato diffuso al termine della riunione del board. Anzi. Non solo non è arrivato l’atteso segnale di break, ma la Fed ha calcato ancor più la mano ricordando che «alcune ulteriori manovre di restrizione monetaria potrebbero essere prese in considerazione».
La retromarcia è quasi clamorosa, e certo non può essere imputabile a un inesistente cambio di scenario macroeconomico. Più probabile, invece, che Bernanke abbia voluto aggiustare il tiro, mostrandosi meno possibilista circa l’ipotesi - tirata fuori a sorpresa in occasione di un’audizione al Congresso - di sospendere gli aggiustamenti verso l’alto dei tassi. Un indizio c’è: nel corso di una intervista televisiva, il successore di Greenspan aveva infatti accusato i mercati di aver distorto il senso di quanto detto davanti al Parlamento. Il cambio di registro dialettico resta comunque un pessimo modo per cominciare a dialogare con gli investitori, ed è peraltro già stato inquadrato da 47 economisti intervistati dal Wall Street Journal. Diciassette dei quali imputano all’ex professore di Princeton, guarda caso, scarsa capacità di comunicazione al punto da affibbiargli brutti voti (quattro D, il giudizio peggiore, e 13 C), mentre solo 10 assegnano una A a Bernanke. Il quale finisce per scivolare proprio sul terreno, quello della trasparenza (intesa non solo dal punto di vista operativo, ma anche come capacità di comunicare senza fraintendimenti) che, al momento della nomina, aveva citato come uno dei futuri punti fermi del suo mandato.
La possibilità che la Fed agisca ancora sulle leve monetarie rimescola ora le carte. E rende meno decifrabili le mosse di Washington. Il comunicato diffuso ieri fa riferimento all’andamento economico come la bussola che orienterà le scelte della banca centrale. «Il comitato - recita il comunicato - ritiene che ulteriori manovre sul costo del denaro potrebbero rendersi necessarie per fronteggiare i rischi di inflazione, ma sottolinea che l’entità e la tempistica di queste manovre dipenderanno in larga misura dall’evoluzione dell’outlook dell’economia come definito via via dai dati macro».

L’economia Usa fotografata dalla Fed resta quella da tutti conosciuta: un mondo dove le aspettative d’inflazione restano «contenute», anche se la minaccia degli altri prezzi petroliferi ha «il potenziale» di spingere al rialzo il carovita; dove «la crescita dell’economia rallenterà a un passo più sostenibile nel corso dell’anno, riflettendo in parte il raffreddamento graduale del mercato immobiliare e gli effetti ritardati degli aumenti dei tassi decisi in precedenza e dell’aumento dei prezzi dell’energia». Bernanke lascia insomma tutti nel dubbio: almeno fino alla prossima riunione.

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