Cultura e Spettacoli

Bernard-Henry Lévy scivola su Botul, filosofo inesistente inventato dalla satira

Bernard-Henri Lévy è uno di quei filosofi che solo a dirne il nome vien paura. Uno di quelli capaci di sfornare titoli tipo: Il secolo di Sartre. L’uomo, il pensiero, l’impegno; Il testamento di Dio; L’ideologia francese... Insomma uno di quegli intellettuali d’oltralpe che ogni radical-chic deve osannare, uno di quelli che fanno sentire anche il povero Umberto Eco piccolo piccolo. Insomma, uno che sa tutto di tutto e non sbaglia mai, nemmeno per sbaglio. Beh almeno sino a ieri. Quello che era considerato il filosofo numero uno sotto la Tour Eiffel (ma anche qui da noi dice spesso la sua dalle pagine del Corrierone nazionale) ha fatto uno scivolone colossale. Ha picchiato con la sua augusta testa piena di idee contro un iceberg culturale a confronto del quale quello che affondò il Titanic è un fiocco di neve.
Nel suo ultimo ed acclamatissimo libro De la guerre en philosophie, dedica ampio spazio al filosofo Jean-Baptiste Botul autore del fondamentale saggio La vita sessuale di Imanuel Kant. Ne parla con grande ammirazione e dovizia di particolari: «All’indomani della Seconda guerra mondiale, nella sua serie di conferenze ai neokantiani del Paraguay, dimostrò che il loro eroe era un falso astratto, un puro spirito di pura apparenza». E sin qui non ci sarebbe nulla di male. Peccato che Jean-Baptiste Botul non esista. È un personaggio inventato a scopo di satira, un finto intellettuale creato proprio per potergli ficcare in bocca qualsiasi scempiaggine. Nel 1999 Frederic Pages, professore di filosofia e collaboratore del giornale satirico Canard Enchainé (un vero must per i francesi che amano l’umorismo colto), lo inventò per far fare due risate ai suoi lettori, e trasformò poi le sue finte conferenze addirittura in un libro (uscito anche in Italia). Ma mai si sarebbe immaginato che questo strambo personaggio creato per far ridere ingannasse il «povero» Levy. Tanto più che la sua stessa biografia fittizia è strutturata in forma di barzelletta: avrebbe avuto delle liaisons con Marthe Richard, Marie Bonaparte, Simone de Beauvoir e Lou Andreas-Salomé e vanterebbe tra amici e improbabili conoscenze: Zapata, Pancho Villa, Henri Désiré Landru, Stefan Zweig, André Malraux, Jean Cocteau e Jean Giraudoux.
Insomma, Lévy ha fatto uno scivolone così colossale che ha lasciato basita e incredula anche la prima che se ne è accorta, la giornalista del Nouvel Observateur Aude Lancelin, che ha subito lanciato l’allarme dalle pagine della storica testata. Per usare le parole della Lancelin che ha titolato il suo articolo Bernard-Henri en flagrant délire: l’affaire Botul è come «Michel Foucalt si fosse basato sui lavori di Fernand Raynaud (un attore comico) per una lezione inaugurale al Collége de France». Tanto più che basta una cliccatina su internet (anche senza andare oltre la tanto vituperata Wikipedia) per accorgersi che Botul è solo un’invenzione satirica. Così adesso sono tanti in Francia a chiedersi cosa sia passato nella testa del più stimato e osannato dei pensatori nazionali. Basti dire che l’editore Grasset ha presentato De la guerre en philosophie con queste parole: «Un manuale per epoche oscure, dove l’autore... dispone, cammin facendo, le pietre angolari di una metafisca futura». Pare proprio che i posteri dovranno trovarsi delle pietre angolari un po’ più solide, a meno che la metafisica sia tutta uno scherzo. Allora ben venga Botul, «autore» anche di un Landru precursore del femminismo.

Anche se a questo punto bisogna dire che BHL, come lo chiamano i francesi, è diventato più buffo, con la sua aria seriosa e impegnata, di qualsiasi creazione immaginaria.

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