Grande è la confusione che regna nel Pd con il governo Monti. Ne è colpito in modo particolare il suo segretario Pier Luigi Bersani che ieri, in un’intervista al Corriere della Sera , è intervenuto improvvidamente sulla questione dell’Ici alla Chiesa. Il leader democratico si unisce al coro di chi vorrebbe spremere gli enti ecclesiastici. «Il governo deve fare chiarezza su una normaesclama - quella che distingue gli immobili adibiti al culto da quelli a fini commerciali, applicata sinora in modo confuso».
Confuso, per l’appunto. Perché l’annebbiata memoria del leader del centrosinistra dimentica un piccolo dettaglio: la normativa sull’Ici fu varata da un governo guidato da un suo caro amico, Giuliano Amato, e modificata da un esecutivo di cui lo stesso Bersani era ministro, cioè il secondo governo Prodi. Quindi la «confusa applicazione» agli immobili ecclesiastici della normativa sull’Ici-ammesso e non concesso che si tratti davvero di una legislazione poco chiara- è tutta interna alla sinistra. E Bersani non può chiamarsi fuori.
La Chiesa non paga l’Ici su parte del suo patrimonio immobiliare (cioè sui beni «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, religiose e di culto») per una legge del 30 dicembre 1992, ed è in abbondante compagnia. Dall’imposta sono infatti escluse tutte le organizzazioni prive di lucro, dai sindacati alle Onlus, dalle altre confessioni religiose alle fondazioni (comprese quelle bancarie), nonché Pro loco, Ong, patronati, aziende sanitarie, gruppi sportivi dilettantistici.
In pratica l’esenzione riguarda chiese,templi,sinagoghe,biblioteche, oratori, mense dei poveri, centri di accoglienza, scuole, case di riposo. È proprio la destinazione sociale e no-profit che viene riconosciuta e tutelata dalla legge. Sul resto, ovvero sugli immobili affittati a scopi commerciali (appartamenti, negozi, ristoranti, librerie, eccetera) la Chiesa cattolica paga l’Ici da sempre.
Questa polemica si ripropone periodicamente. Nel 2005 il governo Berlusconi varò un decreto legge in cui esplicitava una serie di esenzioni che tuttavia di fatto erano già comprese dalla normativa originaria. Esse riguardavano «anche gli immobili utilizzati per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura pur svolte in forma commerciale se connesse a finalità di religione e di culto». Siccome però non fu convertito, il decreto non produsse effetti. Un successivo decreto, sempre del 2005, stabilì invece che l’esenzione si applica «alle attività indicate a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse».
E veniamo al 2006. Governo Prodi fresco di vittoria elettorale. Pier Luigi Bersani ministro dello Sviluppo economico, cioè il Passera dell’epoca: un dicastero non certo di serie B. In campagna elettorale la sinistra radicale aveva promesso modifiche alla legislazione su Ici, Chiesa e mondo no-profit.
Pertanto il nuovo esecutivo di centrosinistra mise mano alla materia e con l’ennesimo decreto legge introdusse una formulazione molto vicina all’originale: «L’esenzione si intende applicabile alle attività indicate che non abbiano esclusivamente natura commerciale».Un testo frutto di un accordo bipartisan tra centrodestra e centrosinistra, che dunque accontentava tutti. Dunque, non c’è nulla di confuso. Tranne le parole di Pier Luigi Bersani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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