Bertinotti fa l’operaista Ma non sa che gli operai non votano più per lui

Bertinotti fa l’operaista Ma non sa che gli operai non votano più per lui

Per favore, qualcuno dica a Bertinotti che siamo nel 2007. In quale epoca pensa di vivere il presidente della Camera? Nell’Ottocento della rivoluzione industriale? Al tempo del sciur padrùn dalle belle braghe bianche?
Ieri, a Repubblica, Bertinotti ha rilasciato una lunga intervista nella quale ha ribadito un concetto più volte espresso: gli operai devono andare in pensione prima degli altri perché lavorano più duramente degli altri.
Sia chiaro: ho un sacro rispetto per il lavoro manuale, e per quello degli operai in particolare. Ce l’ho per storia di vita familiare, e ce l’ho perché quella è la cultura da cui provengo. Sul sussidiario delle elementari c’era una favola: il Padreterno fa l’esame ai defunti per verificare se, con la loro condotta di vita, si sono meritati il paradiso; a un certo punto arriva un uomo che non ha null’altro da offrire che le proprie mani, che sono grandi, ruvide, segnate di nero tra le pieghe. «A te non ho bisogno di chiedere nulla», dice l’Onnipotente, «perché vedo che hai lavorato tutta la vita». Vecchia retorica? Può darsi, ma non l’ho mai dimenticata.
Insomma capisco da dove parte Bertinotti. Ma il compagno presidente parla ancora di «lavoratrici tessili del Biellese», di «metalmeccanici», di «turnisti», di «giornate passate davanti a una pressa». Non è che questi lavori non ci siano più e che non siano pesanti: è che Bertinotti ritiene che solo quelli lo siano. E che gli altri lavori siano una specie di privilegio.
Ma poi, una distinzione quale quella auspicata da Bertinotti per decidere l’età della pensione sarebbe irrealizzabile. Quali sono i «lavori usuranti»? Il ministro Barbara Pollastrini ha detto che ne va stilato al più presto un elenco. Ve l’immaginate, se si desse il via a un’operazione del genere? Conosciamo bene l’Italia e soprattutto gli italiani: non vi sarebbe categoria che non rivendicherebbe il titolo alla più usurata del Paese. Lasciamo perdere noi giornalisti, per i quali vale sempre - nel sentire comune - il detto secondo cui fare il giornalista è sempre meglio che lavorare. Ma non ve lo vedete il cassiere delle Poste che dice voi non sapete che cosa vuol dire avere una coda davanti? E il vigile che lo smog ti ammazza? E il centralinista che vi dico io quant’è maleducata la gente? E il bidello che la responsabilità ti stronca? E l’impiegato che voi non ci credereste ma quando l’aria condizionata è guasta qui è un inferno?
Non crediate che le nostre siano fantasie. Già ieri l’alleato di maggioranza Enrico Boselli ha detto: «È giusto differenziare l’età pensionabile a seconda dei lavori ma non si capisce, se non con un’astratta visione ideologica, perché bisognerebbe mandare prima in pensione gli operai, come vuole Bertinotti, e non anche i camerieri che fanno spesso un lavoro più faticoso di quello che si fa oggi nelle fabbriche moderne».
Boselli ha ragione. Quella di Bertinotti è una vecchia visione ideologica, secondo la quale solo gli operai lavorano davvero. Una convinzione che ha portato tra l’altro a un grottesco vocabolario sindacal-giornalistico secondo il quale «lavoratori» è sinonimo solo di «operai». Ripeto: il massimo rispetto, per gli operai. Ma anche per chi fa altri lavori non meno faticosi e non più remunerativi. Sapete - solo per fare un esempio - quanto guadagna un’ostetrica, che lavora giorno e notte e domeniche e feste comandate, che sta in piedi ore e ore e che se sbaglia fa morire un bambino? Si potrebbe andare avanti all’infinito, con gli esempi: e sarebbe facile dimostrare quanto sia fuori dal tempo e dalla storia una concezione del lavoro (e della fatica, e dello stress) quale è quella di Bertinotti.
Ma c’è un altro motivo per cui sarebbe opportuno che il presidente regolasse il suo orologio sul terzo millennio. Sempre ieri a Repubblica ha detto di essere «pronto a spiegare ai lavoratori del pubblico impiego perché è legittimo chiedere loro di andare in pensione più tardi». Bertinotti crede ancora che i suoi referenti siano gli operai delle fabbriche, e la sua controparte i dipendenti del pubblico impiego. Forse non ha visto lo studio che il sindacato dal quale proviene, la Cgil, ha realizzato con la Swg sul risultato delle ultime elezioni politiche. Al Nord, dove ci sono le fabbriche, la maggioranza degli operai ha votato Forza Italia e Lega. «Insegnanti, pubblico impiego, servizi - citiamo testualmente - preferiscono il centrosinistra».


Quanto poi agli elettori di Rifondazione comunista, Bertinotti non s’illuda di trovarli in fabbrica: molto spesso sono in certi ambienti dove della pensione non si parla neppure, perché non c’è bisogno né di quella, né di lavorare.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica