Bertolaso ai pm: "Sono estraneo alla cricca"

Il capo della Protezione civile tre ore in procura a Perugia: "Nella casa di Propaganda Fide nessuno pagava l’affitto. Basta con la gogna". Poi precisa: iente alloggi all'estero, in via Giulia solo pochi mesi. E Roma accelera: indagato Verdini

Bertolaso ai pm: "Sono estraneo alla cricca"

nostro inviato a Perugia

Via Giulia? Non c’entra con la cricca. Case all’estero? Nemmeno l’ombra. Sono le cinque del pomeriggio quando la Bmw di Guido Bertolaso si infila nel parcheggio del comando provinciale della guardia di finanza di Perugia, dove lo aspettano i pm titolari dell’inchiesta sulle grandi opere, Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi. È il secondo interrogatorio di «San Guido» con gli inquirenti umbri, ma nelle due ore e mezza di faccia a faccia Bertolaso, che si riavvia verso Roma poco prima delle otto di sera, non cambia passo. Continua a tenere il punto, e a rimarcare la sua distanza dagli affari della cricca. Insistendo sostanzialmente sui due punti che i magistrati volevano chiarire: la casa di via Giulia e il compenso ricevuto dalla moglie per la consulenza al Salaria Sport Village. Su entrambi, Bertolaso ha rivendicato la sua assoluta trasparenza. Quanto alla casa, la versione del capo della protezione civile è sostanzialmente diversa da quella fornita dall’architetto di Diego Anemone, Angelo Zampolini, che aveva sostenuto nel suo interrogatorio di aver provveduto a pagare la pigione per quella casa ogni mese in contanti. Versione confermata anche dal padrone di casa Raffaele Curi, regista, che prima ai quotidiani e poi ai magistrati avrebbe confermato di aver avuto Bertolaso come inquilino, e che a pagargli l’affitto era Zampolini.

Ebbene, Bertolaso ieri ha messo a verbale che la pigione per quella casa nel centro di Roma non l’ha mai pagata nessuno. Confermando di aver occupato un appartamento in quella via per un breve periodo nel 2003, quando in seguito a problemi in famiglia aveva dovuto cercarsi una sistemazione. Inizialmente era stato ospite nel collegio universitario di Propaganda Fide a Roma, ma i suoi orari non erano compatibili con quelli del seminario. Bertolaso rientrava a orari impossibili, trovando spesso il cancello del collegio sbarrato. E così un amico, il professor Francesco Silvano, manager cattolico, presidente dell’ospedale Bambino Gesù e collaboratore di Propaganda Fide, gli avrebbe offerto la disponibilità di quella casa in via Giulia. Occupata solo per pochi mesi dal capo della protezione civile, che si sarebbe dunque limitato a pagare le bollette, prima di tornare a vivere con la sua famiglia. L’indirizzo «via Giulia Bertolaso» era anche annotato nella lista Anemone, ma sul punto il sottosegretario ha ribadito di non sapere nulla di lavori svolti in quell’immobile, almeno nel periodo in cui lo aveva occupato.

Tutto da chiarire, dunque, sia quanto all’incongruenza temporale (2003 per Bertolaso e per la lista Anemone, 2007-2008 secondo Curi che sostiene di aver avuto Bertolaso come inquilino) che quanto alla proprietà di casa: era del regista o della congregazione vaticana?
Ma Bertolaso è tornato anche sul tema della presunta «casa all’estero» a lui riferibile, di cui hanno parlato nei giorni scorsi alcuni quotidiani. Nonostante i pm non gli abbiano chiesto nulla a riguardo, ha voluto mettere a verbale di non possedere appartamenti oltreconfine. Quanto alla casa romana dove il sottosegretario abita con la famiglia, in via Bellotti Bon, Bertolaso ha consegnato ai pm un assegno che prova il pagamento dei lavori di falegnameria effettuati da Anemone a quell’indirizzo (e anche questi annotati nella celebre lista).

I pm hanno chiesto conto anche di quel compenso di 25mila euro incassato dalla moglie del capo della protezione civile, Gloria Piermarini, per lavori relativi ai giardini del Salaria Sport Village. E Bertolaso ha ribadito la sua versione, spiegando di aver chiesto e ottenuto dalla signora l’interruzione del rapporto di lavoro a gennaio del 2007, quando si profilò l’utilizzo delle strutture del club nell’ambito dei mondiali di nuoto. Quei soldi, dunque, sono solo il compenso per il lavoro di progettazione preliminare, l’unico già completato dalla moglie. Il sottosegretario ha depositato disegni e documenti di quel progetto, per dimostrare che quei soldi non erano una «mazzetta» mascherata da compenso professionale.

Mister Emergenza lascia Perugia, e chiede ai magistrati di arrivare «a una rapida

definizione della sua posizione processuale». Insomma, «basta con questa gogna mediatica». Ma per i pm, che a questo punto sentiranno presto il professor Silvano, sulla casa di via Giulia, San Guido o no, c’è tanto da chiarire.

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