La bigamia dell’immigrato adesso è lecita

Treviso Ha ragione da vendere, lo sceriffo Gentilini. A Treviso gli immigrati regolari hanno raggiunto il massimo dell’integrazione. Di più, sono diventati degli italiani al 100 per cento, della serie, fatta la legge, trovato l’inganno. E così, un 45enne senegalese, residente nella capitale della Marca da una decina d’anni, ha approfittato della farraginosa legge sui ricongiungimenti familiari, per riportare in Italia la moglie e i due figli. Questa è la legge, niente da dire. E l’inganno? Beh, ha dimenticato che una moglie se l’era già portata qua dieci anni fa. Del resto, in Senegal la bigamia è più che legale e, grazie al sotterfugio di questo intraprendente operaio, e alla sbrindellata macchina burocratico-giudiziaria, poco ci è mancato che venisse introdotta anche nei codici del diritto di famiglia italiano.
A salvare il Belpaese da questo ennesimo svarione, però, ha provveduto proprio l’effettiva integrazione garantita dal modello Gentilini. Sì, perché nel frattempo la prima moglie del senegalese, a cui ha regalato due gemelline che hanno 8 anni, si è integrata a tal punto da non volerne sapere dell’arrivo dell’altra consorte, a sua volte madre di due ragazzi di 15 e 16 anni. Va bene l’Islam, va bene il volere del marito, ma quando è troppo, è troppo. Per questo è andata in questura e ha chiesto come diavolo avessero permesso il ricongiungimento familiare a un immigrato che già aveva ricongiunto abbastanza. Piuttosto imbarazzati, i funzionari dell’Ufficio stranieri hanno convenuto con la (prima) signora che qualcosa non andava. Il punto è che, a furia di leggi che sostengono l’una il contrario dell’altra, la macchina burocratica finisce col saltare per aria. Per dire, quando dieci anni fa l’operaio senegalese decise di portarsi qui la compagna preferita, per prima cosa procurò un visto turistico alla fortunata e subito dopo, sfruttando quello che gli azzeccagarbugli chiamano istituto della coesione familiare, parente stretto del ricongiungimento familiare, il diritto a rimanere.
Tutto corretto. La coppia si ambienta alla perfezione e dall’unione nascono due gemelline. Non si capisce bene come sia potuto accadere, fatto sta che per i vari uffici anagrafe coinvolti, la coppia in possesso di regolare permesso di soggiorno non risulta sposata o almeno i documenti non sono stati registrati a dovere. E così, quando decide di riformare a Treviso il suo piccolo harem, ricongiungendo a sé anche l’altra moglie, con altri due figli, dalla questura arriva il nullaosta. Non fosse stato per l’integrazione della prima moglie, a Treviso adesso vivrebbe un bigamo protetto dalla legge islamico-italiana. La signora, però, nel frattempo si è abituata alle usanze italiche. E, come tutte le mogli che si rispettino, non tollera diversivi extraconiugali del marito: figurarsi se questi diversivi assumono i crismi della legalità. Ha quindi convocato tutti in questura e ha convinto la burocrazia a stracciare il permesso di soggiorno appena stampato per la concorrente.

Il bigamo, invece, non corre alcun rischio, almeno dal punto di vista legale: tutte le scartoffie che ha firmato e inoltrato in questura erano perfettamente ammissibili. I rischi maggiori li dovrà affrontare a casa. La sua prima, e per la legge italiana, unica signora gli ha fatto chiaramente capire chi è che porta i pantaloni a Treviso. Gentilini sarebbe fiero di lei.

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