Voci e lacrime tra le grida composte di coloro che fino all'ultimo hanno sperato di tornare indietro. Nei sotterranei del Binario 21, alla stazione centrale di Milano, non si scambiavano solo convogli di passeggeri tra il 43 e il 45. Cera una stazione invisibile dove si scambiava la vita con la morte. Lì, con il rumore pesante delle lamiere e quello sordo degli stivali dei Corpi armati nazifascisti, veniva aperta la prima porta verso lo sterminio dei campi di concentramento.
Da Milano partirono quindici treni e in quei vagoni, a spinte, calci e sputi, vennero stipati in tutto oltre 700 ebrei. Intere famiglie, padri e madri abbracciati ai figli, anziani e bambini, lasciavano il carcere di San Vittore e dai camion diretti alla stazione qualcuno vedeva scorrere le finestre chiuse delle loro case. Per lultima volta.
«La nostra unica colpa era quella di essere nati», ricorda Liliana Segre dellassociazione Figli della Shoah, buttata in uno di quei treni a 13 anni insieme al padre. Testimone diretta dell'Olocausto, la Segre è una delle venti sopravvissute che ieri, dopo sessantadue anni, ha assistito alla costituzione ufficiale della Fondazione per il «Memoriale della Shoah», presieduta da Ferruccio De Bortoli. I seimila metri quadrati di manovra in cui i vagoni piombati, e in origine destinati solo a trasportare posta, partivano in segreto in direzione di Auschwitz-Birkenau, Bergen Belsem e Fissoli, si trasformeranno in un luogo della memoria. A rendere operativo il progetto, tra gli altri, le Ferrovie dello Stato, che hanno messo a disposizione i locali, Comune, Provincia e Regione, la Comunità ebraica di Milano e l'associazione Figli della Shoah presieduta da Marco Szulc.
Il Memoriale sarà pronto tra due anni. Un lavoro lungo, a cui ha dato il via lo scorso gennaio con la posa simbolica della prima pietra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha inviato un messaggio di apprezzamento per liniziativa. Il centro avrà un percorso articolato in modo da consentire al visitatore di rivivere le tappe fondamentali della Shoah degli italiani ebrei, attraverso videoproiezioni di filmati storici, mostre temporanee e una biblioteca, nella quale trovi ricordo la quotidianità della discriminazione e della deportazione. «Esso costituirà -ha commentato il presidente della Regione, Roberto Formigoni- un laboratorio per richiamare ai valori universali più veri per l'individuo: la giustizia, la solidarietà, la libertà e il rispetto indiscusso della vita e della dignità umana. Con questa iniziativa, rinnoviamo il nostro impegno a lavorare ogni giorno perché le ideologie di violenza non abbiano spazio». E di luogo animato da odio, ora convertito a luogo di scambio e dialogo, ha parlato anche il sindaco di Milano Letizia Moratti: «Non deve essere un museo tradizionale, ma un laboratorio collegato alla realtà attuale, alle sue problematiche, un luogo aperto a tutti e in particolare ai giovani, per discutere e riflettere». Uno spazio pulsante nell'anima di Milano.
«Compito delle istituzioni -ha aggiunto il presidente della Provincia Filippo Penati- credo sia anche quello di svelare il significato di questo spazio, facendolo tornare a essere un luogo di incontro e scambi, di idee, culture e religioni».