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La bionda sgrammaticata che si circondava di poeti

Fu la moglie più celebre dell’800. Fece impazzire i lettori di gazzette ma non il marito. E da vedova flirtò con il suo coiffeur. Parlava tre lingue ma sbagliava i congiuntivi

La bionda sgrammaticata che si circondava di poeti

È stata la moglie più celebre dell’800 italiano. Ma l’amarono più i lettori di gazzette che suo marito. L’uomo l’aveva sposata di ripiego dopo la cruda morte della fidanzata. Costei, un’austriaca piuttosto sventata, si era appartata per fumare non vista. Scoperta dalla governante, aveva cercato di nascondere la sigaretta dietro la schiena. Il vestito però prese fuoco e la fanciulla morì bruciata.
Anche la nostra sposina diciannovenne aveva alle spalle un analogo evento sconvolgente. Qualche tempo prima delle nozze, in lieta vacanza sulle Alpi che amava, era stata corteggiata da un giovane austriaco che ignorava chi lei fosse. Lo apprese, con grande sconcerto, solo in un secondo momento. Organizzò allora una gita sul Monte Rosa e, trattenendola a qualche distanza dal resto della comitiva, le disse: «Io vi amo e se foste stata la semplice fanciulla che credevo vi avrei chiesta in moglie. Ora so però che siete irraggiungibile e ho un solo mezzo per dimostrarvi la mia devozione». Estrasse una pistola, si sparò alla tempia e sparì nel precipizio.
Questo accumulo di austriaci non deve meravigliare. Tra gli abbienti dell’epoca, i matrimoni misti erano più diffusi di oggi. Anche la madre della sposina era una tedesca. Calò in Italia per convolare a nozze con un signore di Genova, ne ebbe la figlia che stiamo tratteggiando e si ritrovò vedova dopo un quinquennio. Aveva solo 24 anni e la desolata prospettiva di tornare tra le brume di Dresda. Così, per non lasciare il mare e le agavi della Liguria, la signora si riaccasò ben presto con un gentiluomo di Rapallo.
L’orfanella non gradì il secondo matrimonio della madre con la quale neppure andava troppo d’accordo. Era infatti un tipo piuttosto balzano. Passi la severità teutonica e l’imposizione di un patrigno, ma aveva metodi di educazione tanto balordi da indispettire la figlia. Le aveva insegnato il tedesco, il francese e l’inglese che parlava come l’italiano, ma i criteri di studio furono tali da lasciarle sempre un’insicurezza sulla solidità delle basi. La ragazza lesse Dante prima di avere studiato la grammatica e svolse un programma liceale prima di avere fatto le medie. Il risultato fu che per tutta la vita fece errori marchiani di ortografia. L’immensa raccolta delle sue lettere, che ci resta, lo testimonia. Scriveva «paggine», «carozza», «vadino», «saressimo» e simili. Di qui, il desiderio che sempre ebbe di farsi una cultura circondandosi di poeti e scrittori.
Come già adombrato, il matrimonio della ragazza zoppicò ancora più della sua scrittura. Il marito, che era poi suo cugino e di 17 anni più anziano, cominciò a tradirla da subito. Saltellava da un’avventura all’altra e aveva anche l’amante fissa, Eugenia Attendolo di otto anni più grande di lui. Per la sposa l’umiliazione maggiore era che, frequentando gli stessi ambienti, si imbatteva di continuo nella rivale. Entrambe portavano al collo le perle salomonicamente donate dal farfallone.
Date le circostanze, il suo amore per il fedifrago svanì presto. Ma non dette in smanie e si comportò sempre impeccabilmente. Era bella, bionda, eccentrica nel vestire. Prediligeva il blu zaffiro, più adatto, secondo i suoi critici, all’arredamento di una sala che ai vestiti di una signora. Le sue mises, tuttavia, facevano epoca e il pubblico le seguiva con curiosità come fanno gli inglesi con i cappellini della regina Elisabetta. Nacque addirittura un settimanale di grande tiratura che le illustrava nei particolari. Con gli anni, se non più famosa, divenne più popolare del marito. Al punto che le donnette, pronunciando il suo nome, si facevano, per rispetto, il segno della croce.
La coppia ebbe un unico figlio. Un ragazzo austero e musone che criticava il padre per la superficialità e la madre per «il biondo perpetuo» delle sue chiome anche da anziana. Divenuto adulto, seguì una via del tutto diversa dalla loro. Impalmò una slava di modi contadini incontrata in Russia e condusse una vita in totale contrasto con quella mondana dei genitori.
Dopo 33 anni di matrimonio, un giorno d’estate, la «bionda perpetua» rimase inaspettatamente vedova. Il color zaffiro fu sostituito con quelli del lutto. Bianco d’estate, nero d’inverno. Lo portò sempre nei successivi 26 anni di vita. Cambiò radicalmente esistenza, nel senso che fece di più quello che voleva. Comprò un bel palazzo a Roma come base stabile. Una villa a Bordighera per svernare. Una casa a Gressoney per i soggiorni estivi sull’amato Monte Rosa. Intensificò i suoi rapporti con la letteratura, mandando in brodo di giuggiole i più famosi scrittori. Oltre 300 le dedicarono prose e poesie. Stando a loro, era un’apparizione, un angelo caduto sulla Terra. Giosuè Carducci le dedicò una inno che cominciava appunto con l’interrogativo: «Onde venisti?».
Anziana, si concesse l’unica distrazione nota. Quella con l’autista, Cariolato, giovane, bello, inanellato.

Lo mandò a Parigi per un corso di parrucchiere e ne fece il suo chauffeur-coiffeur addetto alla coloritura delle celebri chiome. Morì a 75 anni. Al suo battesimo aveva assistito Cavour, al suo funerale presenziò Mussolini.
Chi era?

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