«Il birraio di Preston» sopra le righe ubriaca attori e pubbico

Primo teorema di Montalbano: in teatro Luca Zingaretti sa essere grandissimo anche senza Salvo e Vigàta, come ad esempio quando mette in scena Lighea di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nello splendido, straziante e straniante La sirena.
Secondo teorema di Montalbano: in teatro, i testi di Andrea Camilleri non sanno essere grandissimi, soprattutto se mancano Salvo e Vigàta e soprattutto se manca Luca Zingaretti.
Dimostrazione dei teoremi di Montalbano: in questi mesi, a Genova fino a domani e fino alla fine di aprile in giro per l’Italia, è in tournée Il birraio di Preston, testo di Andrea Camilleri ambientato proprio nel paese immaginario di Vigàta, la capitale di tutti i montalbani. Ma si tratta di una Vigàta di un secolo e mezzo prima del commissario, dove si inaugura il nuovo teatro civico. C’è un problema, però: l’ottuso prefetto mandato dalla Toscana si intestardisce sul fatto di aprire la struttura con Il birraio di Preston, mediocre opera di Luigi Ricci, ferocemente avversata dalla popolazione.
Il testo, in sé, avrebbe anche parecchi spunti divertenti e - nonostante la complessità dei sessanta personaggi protagonisti - è a tratti esilarante, riuscendo anche a superare molte volgarità gratuite, anzi a renderle funzionali alla storia. Ma qui ci fermiamo.
Perché la rappresentazione del teatro Stabile di Catania è quanto di peggio si possa vedere su un palco. La riduzione e l’adattamento teatrale di Camilleri, che è anche voce narrante, e Giuseppe Dipasquale, che è anche regista, sono eternamente sopra le righe per più di due interminabili ore. E la recitazione va nella stessa direzione: il registro grottesco porta Pino Micol, ma soprattutto Giulio Brogi e la maggior parte degli altri quattordici attori sul palco, ad essere come travolti dalla voglia di strafare. E, alla fine, in platea, la sensazione è quella di un’ubriacatura: ma nemmeno un’ubriacatura da Barbaresco o da Amarone o di un rosso siciliano di quelli davvero carichi, come potrebbe essere nelle intenzioni della compagnia. Qui, siamo di fronte a un’ubriacatura da vinaccio al metanolo, da pochi centesimi al litro.


Alla fine - per chi ha la forza e il coraggio di arrivare fino in fondo - resta la sensazione che, se gli abitanti di Vigàta avessero saputo che qualcuno voleva collegare il Birraio di Preston (non l’opera di Ricci, ma la commedia di Camilleri) al teatro del loro paese, la rivolta sarebbe stata più dura di quella messa in scena.
In una parola: una minchiata. Nel senso camilleriano della parola, ovviamente.

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