«La black list è sacrosanta: si incontrano troppi cafoni»

«A Washington, vivevo all’hotel Watergate. Io ho vissuto in albergo». Parla Carlo Rossella, che sulle stanze migliori della sua vita ha scritto un libro: Grand Hotel. Il mondo visto da trentacinque camere d’albergo.
Ospite sempre impeccabile o porta con sé qualche gadget?
«Non mi sono mai portato via nulla. Solo ciabattine di spugna, che tanto sono in omaggio».
Si è mai imbattuto in ospiti da «lista nera»?
«Ci sono dei cafoni da far paura. Volume della televisione altissimo, non salutano in ascensore. Si presentano a cena vestiti da spiaggia, magari parlano ad alta voce. Il telefonino poi è una roba orrenda: ci sono alberghi che vietano - giustamente - l’uso del cellulare fuori dalle camere. Ed è pazzesco che in albergo si fumi».
Quanto conta la qualità dell’albergo, in un viaggio?
«Senza un albergo perfetto, non mi muovo nemmeno da casa. Come la compagnia aerea. Oggi viaggio sempre in alberghi garantiti: a Roma, L’Ambasciatori, o magari Eden, a Torino Il Principe di Piemonte, a New York il Carlyle, l’Oberoi in India. Ci sono nuove catene di alberghi in India e in Cina (Peninsula) che apprezzo molto».
E qual è la prima regola per chi riceve gli ospiti in hotel?
«La prima regola è dare agli ospiti la sensazione di essere a casa.

Essere accoglienti e gentili. Se non lo sono, non ci torno».
Invece, per un ospite quali sono le norme da non dimenticare?
«Mantenere sempre una certa educazione. Mai dare ordini al personale. Essere sempre assolutamente... soft».

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