«Li guardavo scendere e non credevo ai miei occhi: dove gli altri arrancavano loro attaccavano». Claudio Ravetto gongola. I suoi ragazzi hanno centrato la doppietta in Alta Badia, come nel dicembre di quattro anni fa, anche allora stagione olimpica, a Torino poi finì come si sa, un disastro, ma il passato è passato, ora è meglio guardare al futuro, anzi al presente, con Max Blardone dominatore assoluto di una giornata indimenticabile. Alle sue spalle c'è infatti Davide Simoncelli, Manfred Moelgg è quinto, Alexander Ploner sesto e Alberto Schieppati tredicesimo. Sciavano in casa, è vero, ma sulla Gran Risa non si erano allenati più degli avversari, sulla neve dura di ieri sono stati semplicemente i più forti. Tecnicamente e tatticamente. Senza storia.
«E senza quell'errore nella seconda avremmo fatto tripletta!» si lamenta Moelgg, che dopo la prima manche era terzo ma che ha sbagliato tantissimo nella seconda, perdendo due posizioni a favore del francese Richard e di Benni Raich.
Ci si accontenta lo stesso, la doppietta Blardone-Simoncelli non è una novità, i due trentenni sono da anni compagni di podio, sul quale sembrano però un po' lontani fra loro, grandi rivali che si rispettano ma nulla più.
In primavera Max Blardone ha preso una decisione coraggiosa, ha lasciato la squadra, ha deciso di gestirsi per conto suo, con l'aiuto di Giorgio Ruschetti, l'allenatore che lo ha cresciuto quand'era bambino.
«Una scelta da rispettare, come quella di un figlio che decide di andare a vivere da solo per prendersi le sue responsabilità», aveva commentato alla vigilia della stagione Claudio Ravetto, direttore agonistico molto democratico. Ravetto che ieri meditava ancora sulla scelta di Max: «Potrebbe anche essere la strada del futuro, per gli atleti che hanno la possibilità e il desiderio di fare da soli: le federazioni hanno sempre meno soldi, potrebbero semplicemente organizzare dei raduni ogni tanto e i ragazzi si allenerebbero per proprio conto, salvo ritrovarsi per le gare». Proprio come ha fatto Max, che ci ha messo del suo, pagandosi spese e alberghi per i sei mesi di allenamento, spese che oggi ha ampiamente e meritatamente recuperato in premi gara, lo sci non è il golf o il tennis, ma vincere paga discretamente e Max può essere davvero orgoglioso di sé, della sua scelta, del suo rendimento, della determinazione che sta mettendo in ogni gara. Sembra un uomo nuovo, in effetti. Misurato nelle dichiarazioni, per nulla polemico, rispettoso dei compagni e degli allenatori e dei giornalisti. Un po' distaccato, a volte, ma nella vita si impara dagli errori e lui di errori ne ha fatti spesso. Dicendo sempre quel che pensava, a costo di rendersi un po' antipatico. Anche a causa del suo carattere impulsivo Max ha sprecato molte grandi occasioni nei dieci anni della sua carriera al massimo livello. Ieri era felice «perché vincere è sempre difficile, il secondo posto di domenica scorsa mi aveva dato sicurezza e dare il massimo proprio in casa è una soddisfazione enorme».
Sereno e soddisfatto anche Davide Simoncelli, che riconosce la superiorità di Max ma vorrebbe essere al suo posto: «Dopo il secondo tempo nella prima manche sono partito per vincere, lui è stato più forte, però va benissimo così, dopo i problemi degli ultimi due anni, quando avevo un tale mal di schiena da non riuscire più nemmeno a divertirmi sciando».
Sono carichi gli azzurri, c'è un grande spirito di emulazione nel gruppo, quel gruppo di gigantisti che l'anno scorso si era un po' perso, Blardone a parte, e che ora è del tutto ritrovato, con un quintetto che meriterebbe in blocco l'Olimpiade, dove invece potranno andare solo in quattro. Mancano due mesi e due giganti, al momento fuori resta Schieppati che dopo un anno di stop ha completato la risalita e da due gare chiude nei primi quindici.
Oggi c'è lo slalom, unica specialità in cui l'Italia non è ancora riuscita a salire sul podio.
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