La bomba che la sinistra non ha disinnescato

E Bornacin porta il caso di Busalla in Parlamento: «La mia precedente interpellanza non ottenne una risposta adeguata»

La bomba che la sinistra non ha disinnescato

(...) dell’Arpal stanno effettuando tutte le rilevazioni necessarie». Zunino uno e due, il consigliere e l’assessore, il politico che parlava alla gente (di Busalla) e l’amministratore che riferisce al palazzo. Il fatto è che il Franco Zunino del secolo scorso, dai banchi dell’opposizione in Regione, era talmente all’attacco della maggioranza (comunque di centro-sinistra, visto che si era agli sgoccioli della giunta di Giancarlo Mori) da siglare uno strano patto, o forse meglio una strana Alleanza Nazionale, con Gianni Plinio, che però quelle posizioni le mantiene anche oggi. Mentre Giorgio Bornacin, deputato di An, annuncia di portare il caso in Parlamento, ricordando come già nel ’95 avesse segnalato la pericolosità della raffineria, ricevendo risposte evasive.
Nel ’99 ci furono un paio di incidenti, sciocchezze rispetto al rischio di strage che si è vissuto la scorsa notte a Busalla. Ma comunque sufficienti a mettere all’angolo la giunta che un po’ sottobanco, in una delibera preferiale del 6 agosto, aveva dato via libera al rinnovo delle concessioni alla Iplom nel centro di Busalla, fino al 2013. Aveva ordine di non farlo, il consiglio regionale, all’unanimità non a maggioranza stentata, aveva posto una serie di condizioni, tra cui quella di prevedere lo spostamento di un’azienda troppo pericolosa tra le case. Però il «blitz di Mori», come lo definì Plinio, la «decisione affrettata», per usare le parole di Romolo Benvenuto compagno di partito dell’ex presidente, ribaltò anche le decisioni sovrane della Sala Verde.
L’incidente della notte scorsa, con il rischio che l’incendio potesse coinvolgere il serbatoio di idrogeno e provocare conseguenze incalcolabili, era stato annunciato, previsto, temuto. Alla fine, sei anni dopo, si è verificato. La Regione sapeva, aveva provato a porre rimedio, ma alla fine aveva vinto la ragion di Stato. La Iplom è così rimasta nella sede dove per legge non può stare. «Con i suoi nuovi impianti di desolforazione l’azienda è classificata come industria insalubre di prima classe - tuonava nella seduta del consiglio del 28 settembre 1999 Gianni Plinio -. Quindi non dovrebbe essere all’interno del centro abitato, ma fuori». Concetti talmente condivisi da fare sì che Massimiliano Costa, sì proprio colui che oggi è il braccio destro del presidente Claudio Burlando, prendendo la parola, considerasse «già assorbita la sua interrogazione» dagli interventi di chi aveva parlato prima di lui. E si limitasse a chiedere l’istituzione di «un tavolo di concertazione con gli enti locali» prima di dare la nuova concessione alla Iplom, e fare così «un passo indispensabile per il prosieguo dell’attività, per la ricerca di una nuova localizzazione».
Romolo Benvenuto, forte della sua origine ambientalista, in allora aveva puntato decisamente il suo indice accusatore, per denunciare il blitz agostano di Mori e compagni, che ribaltava le decisioni del consiglio regionale, dando nei fatti alla Iplom la possibilità di continuare la sua attività senza variazioni. «Alle aziende si concede una permanenza a fronte di garanzie - attaccava l’esponente della Margherita alla vigilia del Duemila -. La Iplom, fino ad oggi, ha fatto conferenze stampa. Non ha presentato piani seri, in cui vengono indicati il livello e la mole degli investimenti (quale tipo di rapporto avrà con l’amministrazione di Busalla, ma soprattutto con l’ambiente su cui insiste». Né il centro sinistra di lotta, né il centrosinistra di governo (l’intervento del diessino Perfigli era stato interrotto più volte dagli abitanti di Busalla presenti in aula), però fece mai seguire i fatti alle parole.
Con la delibera del 6 agosto ’99, la giunta regionale di Giancarlo Mori, si liberò anche dell’ingombrante parere negativo al rinnovo tout court della concessione che gli arrivava dalla Comunità Montana. «Non pervenuta in tempo utile alla deliberazione», si limitava a citarla il testo della stessa deliberazione, evidentemente presa quando il parere era già arrivato sulle scrivanie della Regione. Sei anni dopo e una «tragedia scongiurata solo per la bravura dei vigili del fuoco e del personale di soccorso» più tardi, Gianni Plinio non cambia la sua strategia di attacco, e rilancia con ancora maggior forza la sua denuncia verso l’amministrazione «responsabile di un incidente annunciato».

Lo fa con una mozione, perché «perserverare è diabolico», con cui chiede di passare dalle dichiarazioni di intenti alla realtà. Ma ci sarà da capire se la sinistra di oggi si ricorda di cosa diceva nel millennio scorso.

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