Le bombe non piegano Genova

La quinta lezione della Storia di Genova, tenuta dal prof. Carlo Bitossi, docente di Storia moderna all’Università di Ferrara, ha visto il consueto afflusso di gente che ha riempito le due sale del Maggior e Minor Consiglio del Palazzo Ducale. È stato un affascinante «racconto» di una città, Genova, che non si è piegata nemmeno al bombardamento effettuato dalla flotta francese del re Sole (Luigi XIV), nei giorni fra il 17 ed il 28 maggio 1684. I motivi di tale bombardamento si devono far risalire soprattutto al fatto che la Repubblica di Genova non voleva abbandonare l’alleanza con la Spagna di Carlo V, per passare all’alleanza con la Francia di Luigi XIV. I francesi cercarono tutti i «motivi» per giustificare tale attacco navale che voleva essere una vera e propria intimidazione. Uno di tali motivi era legato al fatto che nel 1679 la flotta francese giunta al porto di Genova non era stata «omaggiata» dalle batterie del Porto che rimasero mute al cospetto delle insegne del re di Francia.
La mattina del 17 maggio 1684, una imponente flotta navale (oltre 160 navi) si presentò davanti a Genova con uno schieramento che andava dalla Lanterna alla foce del Bisagno. 756 bocche da fuoco erano pronte a rovesciare bombe e proiettili incendiari sulla città. La Giunta di Guerra presieduta dal Doge, per ritardare il massiccio bombardamento, ordinò di intimare alle navi francesi, con spari a salve delle batterie costiere, di allontanarsi. Non ottenendo tale risultato, vennero diretti alcuni tiri verso le navi francesi più vicine, colpendone alcune e costringendole ad indietreggiare. La risposta francese fu immediata. I nuovi mortai da 330 mm rovesciarono i loro proiettili sui caseggiati genovesi. Fu colpito anche il salone del Palazzo Ducale che, usato come deposito di polveri, finì devastato dalle fiamme. I Tesori di S. Lorenzo e del Banco di San Giorgio furono trasferiti al sicuro. I francesi tentarono anche uno sbarco a terra con circa 4 mila fanti, ma furono respinti soprattutto per l’intervento dei volontari della Val Polcevera. Il 29 maggio terminò il cannoneggiamento perché i francesi avevano terminato le munizioni e fallito lo sbarco. Subito iniziarono i lavori di ricostruzione per riportare la città al consueto splendore. La pace con la Francia fu molto pesante e costrinse il Doge a recarsi presso la corte di Versailles per accettare le «condizioni». Il Doge Francesco Maria Imperiale Lercari e quattro senatori dovettero «omaggiare» il re ma, ancora una volta venne fuori la consueta «arguzia» Ligure.

Quando chiesero al Doge che cosa l’aveva colpito di più a Versailles, il Lercari rispose in genovese «Mi chi»! Eletto poi un nuovo Doge, Pietro Durazzo, la Repubblica di Genova riprese a «tessere» i suoi traffici e quando la flotta francese venne sconfitta dagli inglesi e olandesi, fu la flotta genovese a portare i rifornimenti alla Francia, conoscendo una vera esplosione di commerci marittimi che, insieme ai «prestiti», riportarono la Repubblica di Genova ai suoi allori.
*Presidente Movimento Indipendentista Ligure

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