Bonanni: "Stiamo rischiando una sciagura. Saremo terra di conquista per gli stranieri"

Il segretario Cisl: "Se naufraga la trattativa Air France e Lufthansa avrebbero mano libera"

Bonanni: "Stiamo rischiando una sciagura.  Saremo terra di conquista per gli stranieri"

da Roma

Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, ci sono speranze per la trattativa oppure stiamo veramente per assistere al fallimento di Alitalia?
«Al momento, più che esprimere ottimismo o pessimismo, penso sia giusto fare appello alla responsabilità di tutti, visto che mi sembra che fino ad ora sia mancata».
Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che come lei era ottimista, dà le possibilità di riuscita al 50 per cento. Se non doveste trovare un’intesa cosa succederebbe?
«Ci sarebbero effetti devastanti. L’azienda sarebbe venduta pezzo a pezzo a un offerente qualsiasi. E francamente questa situazione non mi sembra serva a nessuno. Nemmeno a chi per ragioni politiche sostiene le soluzioni che porterebbero al disastro. Tutto il patrimonio sarebbe dilapidato e diventerebbe gioco facile per Air France, Lufthansa o chi altro scorrazzare nel nostro mercato che, è bene ricordarlo, è il quarto al mondo per volume di affari».
Ha accennato a interessi politici. Di chi?
«A fasi alterne le forze politiche si dimenticano degli interessi nazionali».
Anche Berlusconi ha detto che dietro i tentativi di fermare la trattativa ci sono pressioni politiche. Può essere più preciso, di chi sarebbe la colpa?
«Di chi non si fa scrupoli a soffiare sul fuoco della contrapposizione, di chi pensa di potere utilizzare per i propri scopi ogni posizione, anche la più corporativa, irrazionale e antieconomica. All’estero non succede così, sono uniti quando si tratta di questioni di interesse nazionale».
Parla anche di sindacati?
«Di tutti».
Però alcuni lavoratori e alcune sigle sembrano non voler accettare le condizioni poste dalla Cai perché le ritengono più penalizzanti anche rispetto al fallimento...
«Sono convinto che i lavoratori di Alitalia non vogliano il fallimento e la messa in liquidazione della società. Sarebbe una sciagura che avrebbe ripercussioni su tutti i settori produttivi del Paese. Non c’è nulla di più penalizzante rispetto a perdere la compagnia di bandiera e fare scomparire 20mila posti. Se fallisse il progetto e smantellassero Alitalia, diventeremmo terra di conquista e qui in Italia, nella migliore delle ipotesi, rimarrebbero solo posti di lavoro residuali».
Eppure anche chi manifestava il primo giorno della trattativa gridava lo slogan: fallimento, fallimento...
«Ho sentito dire cose fuori luogo in questi giorni e voglio credere con tutte le mie forze che si tratti solo di delusione. Sennò dovrei pensare che si tratti del solito sfascismo. La rivincita della vecchia logica del tanto peggio, tanto meglio. Noi non possiamo che opporci a questa logica».
Al momento, però, quel fallimento sembrerebbe imporsi con i fatti. Come pensa che ne uscirete?
«Dobbiamo tutti quanti avere più elasticità e cercare un punto di equilibrio, ognuno rinunciando a qualcosa. Il governo deve fare un passo verso l’azienda, l’azienda verso i lavoratori e i sindacati verso l’impresa. Serve un atto di responsabilità da parte di tutti. E anche la Cai non si deve sottrarre a questa responsabilità».
Cosa potrebbe fare il governo, visto che aiuti pubblici sono esclusi?
«Mediare, chiarire. Insomma, stringere con gli acquirenti».


E voi cosa siete disposti a concedere alla Compagnia aerea italiana, che chiede discontinuità rispetto ad Alitalia?
«Per quanto ci riguarda noi siamo pronti a concedere la giusta flessibilità contrattuale alla nuova compagnia, ma gli stipendi dei dipendenti non devono essere ridotti».

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