«Per quanto non abbia limportanza e la qualità di quella napoletana anche la canzone romana è abbastanza antica - la sua storia è lunga di almeno due secoli - ha vissuto la sua stagione più felice dalla fine dellOttocento ai primi decenni del Novecento, e ha avuto nel Festival di san Giovanni, emulo di quello di Piedigrotta, la vetrina più splendente». A parlare con competenza della canzone italiana è Gianni Borgna, già assessore alla cultura, e ora presidente di Musica per Roma. Studioso riconosciuto della canzone italiana, guiderà il pubblico dellOratorio del Gonfalone nel concerto che avrà luogo, questa sera alle 21, dedicato alla «Canzone romana, da Romolo Balzani ad Armando Trovajoli». Lo accompagneranno in questo singolare percorso musicale, la cantante Maria Ausilia DAntona e un gruppo strumentale (mandolini, chitarra, contrabbasso, percussioni) fondato dai fratelli Buzi, mandolinisti per vocazione familiare - sono nipoti del mitico Giuseppe Anedda.
Perché Pasolini definì la canzone romana «canto della domenica sera»?
«Con quella definizione, nel suo Canzoniere Italiano, Pasolini faceva riferimento al periodo meno glorioso della canzone romana, quello in cui la canzone romana autentica soffrì di una contaminazione degenerativa con la canzonetta leggera, il varietà, lavanspettacolo: intrattenimenti tipici del giorno di festa, della domenica sera».
Quale fu allora il periodo di maggior splendore della canzone romana?
«Gli anni Venti-Trenta che coincidono con il regime e con gli anni più gloriosi del Festival di San Giovanni; anni nei quali operò anche il nome più celebre della canzone romana: Romolo Balzani, al quale si devono tante belle canzoni, alcune delle quale ebbero in Petrolini un grande interprete.
Qual è, secondo lei, la più bella canzone romana?
«Me ne faccia citare tre: Affaccete Nunziata, Barcarolo romano, ma anche Roma nun fa la stupida di Trovajoli».
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