Borom, da ambulante a sociologo: «E adesso cerco un lavoro stabile»

Da due anni in Italia, ha realizzato lo studio: «All’inizio i miei connazionali erano diffidenti, poi si sono fatti in quattro per aiutarmi»

«Un giorno, nel dicembre 2007, ho incontrato un senegalese distinto che vendeva libri per strada - racconta Arnaldo Ferrari Nasi, sociologo e docente universitario di Scienze Politiche a Genova -. Mi sono fermato a parlare con lui e mi ha raccontato la sua storia. Il caso vuole che fosse un collega, una coincidenza incredibile. Laureato in sociologia a Dakar, riservato e viso da bravo ragazzo, l’unico lavoro che è riuscito a rimediare è stato vendere libri per strada. Peccato, ho pensato, un laureato di trent’anni! Del resto, anche per molti giovani italiani la situazione non è rosea. Così, tra una chiacchiera e l’altra, mi è venuta un’idea. Gli ho commissionato una ricerca sulla comunità senegalese che vive in città. Ha accettato al volo. Chi meglio di lui avrebbe potuto realizzarla? Nell’arco di sei mesi mi ha consegnato un’indagine dettagliata su un campione di 152 connazionali. Ha svolto un lavoro eccellente che mi auguro gli possa aprire nuove opportunità professionali». Il giovanotto in questione si chiama Borom Baakh, un nome di fantasia perché è in attesa di permesso di soggiorno e non vuole guai. Dice che è un nome che gli porterà fortuna. Il suo sogno è trovare un lavoro fisso, operaio o facchino, poco importa. E pazienza se lui si impegnato a fondo e la sua famiglia ha fatto salti mortali per farlo studiare. Adesso la cosa più importante è rimboccarsi le maniche e regolarizzare la sua posizione. Da due anni in Italia, Borom è il maggiore di sette tra fratelli e sorelle, tutti rimasti in Senegal, ai quali ogni mese invia un po’ di quattrini. Vita dura, ma il sorriso non gli manca, nonostante lo sguardo riveli le sue preoccupazioni. «Mio padre è anziano e non può più lavorare. Da noi la situazione economica è tragica, motivo per cui molti se ne vanno (c’è da chiedersi dove, vista la situazione economica mondiale, ndr). Io sono il maggiore e ho il compito di sostenere la famiglia - spiega in un buon italiano venato dall'inflessione tipica dei nordafricani francofoni -. Genitori, zii, nonni, cugini, prozii, fratelli e sorelle viviamo tutti insieme. Siamo unitissimi. La famiglia è il fulcro della nostra società. Ognuno ha il suo ruolo. I bambini vengono responsabilizzati fin da piccoli e gli anziani non vengono mai abbandonati nei momenti di malattia o nella vecchiaia». Chiediamo a Borom se è stato facile raccogliere i dati per la ricerca che gli è stata commissionata. «Inizialmente no - spiega -. C’è stata una certa diffidenza.

Ma poi, quando i miei connazionali hanno capito le motivazioni di quello che stavo facendo, si sono fatti in quattro per aiutarmi. Ognuno ha dato il suo contributo. Così anche i milanesi potranno conoscerci e apprezzarci meglio».

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