Borse, la difesa è in frenata ma potrebbe tornare a volare

L'esperto: "C'è speculazione sui titoli, saranno gli utili a riequilibrare le quotazioni". Cybersicurezza in rampa

Borse, la difesa è in frenata ma potrebbe tornare a volare
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Per molti mesi i titoli del comparto difesa sono stati, insieme alla banche del risiko, protagonisti assoluti in Piazza Affari. Basti pensare che Leonardo è al quarto posto tra i titoli che hanno corso maggiormente da inizio anno (+82,6%) mentre il big della cantieristica navale Fincantieri da un anno a questa parte ha messo a segno un impressionante progresso del 245 per cento. La stessa Iveco, che ha in cantiere lo spin off della sua unità nel settore difesa ed è sotto Ops da parte del gruppo Tata per i veicoli commerciali, è il titolo più tonico del paniere principale di Milano (+96,6%). Allargando lo sguardo a tutto il continente europeo, l'indice Stoxx Europe Total Market Aerospace&Defence evidenzia un progresso di quasi il 50 per cento.

La marcia dei titoli della difesa si è però arrestata in tutta Europa con l'apertura del dialogo sulla pace fra Russia e Ucraina. Tant'è che molti analisti si stanno interrogando se il comparto non sia ormai prossimo a una robusta revisioni dei prezzi borsistici, qualora veramente ci fosse un allentamento delle tensioni nel constesto geopolitico internazionale. «Sicuramente con le diverse guerre in atto una parte delle maxi-valutazioni odierne sono dovute alla speculazione», osserva Antonio Tognoli, responsabile delle analisi macro di Cfo Sim. «Tuttavia, con il piano ReArm Europe potranno essere mobilitati fino a 800 miliardi di euro di spese per la difesa, quindi gli investimenti nel settore ci saranno: riaramarsi è una necessità per l'Europa». D'altro canto, anche in sede Nato è stato raggiunto un accordo per realizzare una spesa per la difesa del 5% del Pil (il 3,5% per gli investimenti militari tradizionali e l'1,5% per le spese legate a infrastruttre critiche, cybersicurezza, logistica e innovazione) entro il 2035. E, siccome certi investimenti hanno pianificazioni di lunga scadenza, è difficile che si verifichi un dietrofront totale sugli impegni presi dai Paesi in sede internazionale, anche se ci fosse una schiarita sul piano geopolitico. «Dire cosa faranno nel breve i titoli di questo comparto è difficile, sarebbe comunque cosa saggia far sbollire temporaneamente il mercato», prosegue Tognoli, «però in un ottica di medio-lungo termine è innegabile che la difesa resta un settore nel quale gli investimenti sono certi, quindi queste aziende faranno utili di conseguenza e di pari passo ne beneficerà anche il loro titolo». Secondo l'esperto interpellato dal Giornale, però, i titoli della difesa rimarranno appetibili anche in futuro solo ad alcune condizioni: «Per investire col minor grado di rischio bisogna guardare essenzialmente a tre fattori: capacità di produrre cassa nel medio-lungo periodo, redditività mediamente superiore al suo comparto e una posizione di leadership nel suo settore di riferiemento. Se ci sono queste caratteristiche è possibile sbagliare il timing dell'investimento, ma in una prospettiva di lungo termine è difficile che non si ottenga un premio».

A beneficiare dei maxi investimenti dei Paesi europei nella difesa non saranno solo i titoli impegnati nella produzione di armamenti militari tradizionali, ma anche tutta una serie di settori toccati dalla produzione di armi (si pensi al rame e alla polvere di rame utilizzati per fabbricare missili e altri armamenti), ma anche la cybersicurezza diventata sempre più necessaria ad aziende e pubbliche amministrazioni per resistere ad attacchi hacker e a possibili scenari di cosiddetta guerra ibrida.

In tal senso in Piazza Affari, oltre al big Leonardo, ci sono titoli come Tinexta che hanno realizzato una crescita a un anno, pur con una correzione negli ultimi mesi, del 28,4% e Txt e-solutions del 25,6%. Anche Tim (+98,6%) con la sua Telsy è attiva nel campo della cybersecurity.

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