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Da Boskov a Biscardi

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«Rigore è quando arbitro fischia». Siamo cresciuti così noi, generazione dello scudetto blucerchiato, quelli che il nostro allenatore era anche l'autore degli aforismi più recitati. Una scuola che sembrava reggere inossidabile, le verità del «Vuja» erano inconfutabili. Ma da domenica scorsa, da Parma-Sampdoria, proprio a noi cultori della filosofia boskoviana è mancato un pilastro, come se dalla filosofia hegeliana cancellassimo l'antitesi o la sintesi. «Rigore non è più quando arbitro fischia» ma «Rigore è quando decide chi parla in cuffia all'arbitro».

E chi sarà mai questa eminenza grigia che ha «suggerito» a Rocchi di Firenze che era meglio cambiare idea, a lui che lì a due passi aveva appena fischiato ammonendo pure Galloppa? Il guardalinee era già corso sulla linea di fondo, il quarto uomo era distante dall'azione, chi meglio di Rocchi poteva decidere? Errore o malafede la saga continua. A questo punto, superata la teoria di Boskov mi dovrò iscrivere anche io alla categoria dei «moviola in cambbo», aderendo ad un'altra filosofia del calcio: quella biscardiana.

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