"I giudici temono indagini sui loro soldi"

La sparata di Davigo. E l'Anm attacca il vice del Csm Pinelli: "Curriculum scarso"

"I giudici temono indagini sui loro soldi"
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"I consiglieri laici del Csm? Hanno curricula scarsi". "Se fai un accertamento patrimoniale su un giudice, quello muore di spavento". Eccoli, i miglior spot alla separazione delle carriere. A firmare il primo è il numero due Anm Rocco Maruotti, stellina di Area che ha ridicolizzato i consiglieri di Palazzo de' Marescialli scelti dal Parlamento: "Il singolo magistrato da solo non è niente e ha bisogno di qualcuno che lo protegga, questo la politica lo sa bene", blatera Maruotti l'altro giorno in un convegno ad Assisi. Che per smontare l'idea del Csm eletto a sorte se la prende con i consiglieri laici eletti solo perché "avvocati della Lega o di Forza Italia", ben lontani dal prestigio di loro predecessori come Vittorio Bachelet o Carlo Federico Grosso. Una frase che ha fatto letteralmente imbufalire tutti, in primis il Quirinale ma anche il vicepresidente Fabio Pinelli (che il Carroccio lo ha effettivamente difeso). Dopo una telefonata di fuoco a dir poco umiliante tra i due sono seguite scuse di circostanza: "È colpa della concitazione di un serrato confronto", dice Maruotti, che però guardando il video era tutt'altro che agitato, tanto che Magistratura indipendente avrebbe chiesto la sua testa al leader Anm Cesare Parodi al prossimo consiglio direttivo. "Se non avessimo avuto i voti sarebbe stato lui il capo dell'Anm", maligna un magistrato di Mi. "Maruotti è un ventriloquo, dice quello che pensano le toghe più ideologiche", mormora un ex consigliere Csm.

A sparare a zero su giudici e pm sul palco del Fatto quotidiano è Piercamillo Davigo, ex stella di Mani Pulite offuscata da una condanna in Cassazione a un anno e tre mesi (pena sospesa) per rivelazione di segreto d'ufficio sulla fantomatica Loggia Ungheria, fatta per inguaiare l'ex amico Sebastiano Ardita di cui temeva l'ascesa nella corrente che avevano fondato.

Secondo il Davigo pensiero, la separazione delle carriere avrà come effetto quello di scatenare i pm contro i giudici "colpevoli" di assolvere gli imputati, insinuando il sospetto che i giudici si siano arricchiti illecitamente proprio grazie a sentenze pilotate: "Il pubblico ministero non sarà più collega del giudice. Ma sarà sempre collega degli altri pubblici ministeri, e poi son dolori - ammette l'altro giorno l'ex membro del Csm davanti a uno stupito sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto - alla terza assoluzione secondo lui ingiustificata che porterà a casa il pm si sentirà finalmente libero di andare dal suo collega dell'altra sede, (per esempio a Brescia, competente su Milano...) dicendogli: Questo giudice o è un cretino o è un corrotto. Fagli un po' una indagine patrimoniale, diamo un'occhiata ai suoi conti correnti.... E io - conclude Davigo - ci sono stato 42 anni magistratura. Se fai un accertamento patrimoniale su un giudice, quello si terrorizza: muore di spavento".

Che il Fatto ospiti alla un pregiudicato condannato (è stata annullata con rinvio la parte della sentenza d'appello sulla rivelazione a terzi dei verbali, se ne parlerà a Brescia il 29 ottobre) è una buona notizia, peraltro neanche ripresa dal Fatto ma soltanto dal Foglio. L'altra buona notizia è che Davigo che finalmente ammette due cose: la prima è che i giudici spesso condannano perché hanno paura dei pm. La seconda è che certe inchieste tra toghe (come quella che Davigo avrebbe voluto far aprire su Ardita) sono mosse più dall'inimicizia e dal sospetto che da ipotesi di reato. Due verità che i lettori del Giornale conoscono ahinoi benissimo e che oggi ammettono anche i magistrati. Per l'ex presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza: "è chiaro che la magistratura italiana è disperata". Siamo al cortocircuito di chi tenta di impedire una riforma della giustizia ammettendo invece che serve.

Perché finalmente - se al referendum confermativo e senza quorum previsto nella primavera del 2026 dovessero prevalere i Sì - restituirà agli italiani quantomeno la parvenza di un processo in cui magistratura inquirente e giudicante sono vere controparti, non come oggi in cui al Csm le correnti e i loro partiti di riferimento si spartiscono le poltrone, mentre le carriere si decidono grazie a condanne eccellenti e coperture politiche. Poi c'è anche la notizia cattiva: davvero in 42 anni Davigo ha conosciuto solo pm vendicativi e giudici vigliacchi? Lo sono anche quelli che l'hanno condannato?

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