
Eytan Gilboa, lei è uno dei principali esperti di relazioni Israele-Stati Uniti, professore di Relazioni internazionali alla Bar Ilan University di Tel Aviv e visiting professor a Harvard. Perché Netanyahu ha lanciato l'offensiva su Gaza City?
"Perché Gaza è come la Germania nazista. Israele sa che deve essere deradicalizzata. Ma ci vorrà tempo perché succeda. Il principale obiettivo di Netanyahu adesso è eliminare Hamas da Gaza City, l'ultimo rifugio dei terroristi, per poi liberare tutta la Striscia".
Con molti civili ancora in città non si rischia un nuovo bagno di sangue?
"Dipende dai risultati, Trump spera che l'attacco porti alla fine della guerra in pochi giorni o settimane, Netanyahu è più scettico".

L'invasione è scattata mentre il segretario di Stato americano, Marco Rubio, era in Medioriente, prima in visita in Israele e poi in Qatar. Che significato ha tutto ciò?
"Vuol dire che sia gli Stati Uniti che Israele pensano che l'unico modo per distruggere Hamas e riavere gli ostaggi sia incrementare la pressione militare sui terroristi".
L'attacco ai vertici di Hamas in Qatar non ha ucciso ogni speranza di accordo?
"La diplomazia ha fallito perché Hamas non vuole deporre le armi e non vuole lasciare la Striscia. E il Qatar da sempre supporta l'islam radicale ed è un santuario jihadista".
Eppure Trump ha ricordato a Netanyahu che il Qatar è un grande alleato degli Usa e Rubio ha ribadito di considerarlo l'unico Paese ancora in grado di mediare su Gaza...
"Il Qatar vuole che Hamas sopravviva, ma resta il Paese che ha i mezzi più efficaci per convincere Hamas a fermare la guerra e liberare gli ostaggi. Trump pensa ancora che possa aiutare a convincere i terroristi ad accettare un accordo. Per questo ha garantito a Doha che non sarà attaccata di nuovo. Il messaggio al Qatar è chiaro: non sarete più colpiti ma dovete aiutarci a espellere Hamas da Gaza e rilasciare gli ostaggi".
È stato questo l'obiettivo diplomatico della visita di Rubio in Qatar?
"È stato anche questo, ma non solo. Israele e Stati Uniti sono d'accordo che Hamas debba uscire da Gaza, altrimenti non sarà investito un centesimo nella Striscia a fine conflitto. Rubio sta cercando di capire: chi pagherà per la ricostruzione? Chi la supervisionerà? È la questione del dopo-guerra ed è diventata rilevante. È ovvio che i Paesi arabi ricchi e petroliferi, tra cui Arabia saudita ed Emirati arabi uniti, finanzieranno e di fatto non vogliono che il Qatar abbia un ruolo nella ricostruzione".
L'attacco israeliano a Doha ha compromesso gli Accordi di Abramo?
"Sciocchezze. Il vertice dei Paesi arabo-islamici a Doha è stato solo uno show di solidarietà al Qatar. Alla fine non è stata presa nessuna misura concreta. E so per esperienza che gran parte di quello che quei Paesi dicono in pubblico non corrisponde a quello che pensano dietro le quinte".
Cosa pensano del Qatar alcuni dei Paesi che erano riuniti nel vertice di Doha?
"Gran parte dei Paesi del Golfo Persico, tra cui l'Arabia saudita, detestano il Qatar, lo considerano un rivale, sanno che è uno stato jihadista e sono contenti del raid israeliano a Doha. Sanno anche che la sua tv, Al Jazeera, incita all'odio e alla violenza, non a caso è vietata in molte di quelle nazioni, dall'Arabia saudita agli Emirati arabi uniti, dalla Giordania all'Egitto".
Non assisteremo allora alla nascita della Nato dei Paesi arabi?
"Non credo. Sono così divisi nel mondo arabo e musulmano che sarà molto difficile. Molti di quei Paesi sanno, per esempio, che l'Iran è la principale minaccia per la stabilità dell'area. Dove c'è lo zampino di Teheran c'è violenza e povertà, come in Yemen, Iraq, Siria. L'Iran siede al tavolo come protagonista ma gli altri Paesi non lo amano, come accade con il Qatar".
La Gaza Riviera sognata da Trump diventerà realtà? A quale costo umano ed economico?
"Trump è un uomo d'affari e vede nel futuro di Gaza un'opportunità. Ma ci vorranno 10-15 anni per la ricostruzione, oltre che centinaia di migliaia di dollari.
Prima di vedere una Riviera ne serviranno 25-30. È una situazione simile alla Siria, un Paese in rovina, dove sono morte circa 600mila persone e la metà della popolazione è diventata rifugiata. La ricostruzione di Gaza potrebbe arrivare dopo quella siriana".