Bossi: «Bisogna spiegare che siamo lì per la pace»

Sfogo del Senatùr: «Dovremmo lasciare...». La Lega non ha dubbi: «Ci colpiscono perché ci ritiriamo: lasciare soli i civili è omicida»

Adalberto Signore

da Roma

Mentre da Bagdad arriva la notizia di un nuovo attacco ai militari italiani e della morte del caporalmaggiore Alessandro Pibiri, Umberto Bossi è già sulla via di Novara. Il Senatùr è euforico e pronto a festeggiare la rielezione del primo cittadino Massimo Giordano, leghista doc confermato al primo turno con il 61 per cento dei voti. Con un vero e proprio trionfo della Lega che incassa il 20,7 per cento (contro il 4,2 delle precedenti amministrative), addirittura un punto in più di quanto racimolato quindici giorni fa nella storica roccaforte di Varese. Ed è anche per questo che, nonostante l’ora tarda, il leader del Carroccio decide di infilarsi nella sua Volvo verde destinazione Novara. Il clima euforico, però, è presto rabbuiato dalle notizie che arrivano dall’Irak. Al punto che con chi lo sente durante quelle ore frenetiche Bossi si lascia andare a un vero e proprio sfogo: «Ancora un morto, una notizia tragica. Ma che senso ha tenere lì i nostri ragazzi. Dall’Irak bisognerebbe andar via...». L’amarezza, insomma, è tanta. Ma il Senatùr non si ferma a quel primo commento a caldo, forse dovuto anche all’emozione del momento, e guarda avanti. Perché, dice, «se bisogna restare in Irak dobbiamo spiegare alla popolazione locale che noi non siamo certo lì per occuparli ma per garantire la pace». Ed è quest’ultima riflessione, infatti, ad essere molto più in linea con l’intervento di Federico Bricolo, che ieri nel dibattito alla Camera ha parlato a nome di tutto il gruppo della Lega. «Definire un’operazione militare quella che è una missione di pace - attacca l’esponente del Carroccio - è politicamente ingiusto e rappresenta una scelta sconsiderata perché offre ingiustificate motivazioni ai terroristi». Bricolo, poi, punta il dito sull’intenzione del governo di ritirare le truppe lasciando in Irak solo un presidio di civili: «Che senso ha un impegno che prescinda completamente dalla fornitura di sicurezza? Se lo si fa, si decide di mandare delle vittime sacrificali». E ancora: «Dobbiamo prendere atto che l’intensificarsi degli attentati dipende dal fatto che è stato annunciato il ritiro delle nostre truppe».
Sul fronte referendum, invece, il lunedì del Senatùr non è stato dei migliori. Perplessità di Berlusconi a parte sulle aperture al dialogo con l’Unione, Bossi - che ha letto i giornali solo nel primo pomeriggio - non ha troppo gradito quella che, a suo avviso, è stata una «forzata interpretazione delle sue parole». «Ma di quale cambio di linea parlano?», ha tuonato più volte con i suoi. E ancora: «Ho solo ripetuto quel che vado dicendo da anni. E cioè che sul federalismo siamo disposti a trattare con tutti». Parole cui non a caso sono seguiti gli interventi di Roberto Calderoli e Roberto Castelli. «La linea di Bossi - spiega in una nota il vicepresidente del Senato - non è mai cambiata. Quando si parla di federalismo la Lega è sempre stata disponibile a dialogare con tutti tranne che con chi ha l’intento di impedire le riforme».

Più esplicito il capogruppo del Carroccio al Senato: «Purtroppo in politica non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che sembra vero. Invito a leggere le parole di Bossi e non i titoli dei giornali e si vedrà che una frase del genere non l’ha mai detta».

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