Marcello Chirico
da Milano
È finita come in tanti avrebbero voluto che finisse, seppur con un mese danticipo. Perché la soluzione alla crisi lombarda, solennemente sottoscritta con un comunicato congiunto vergato personalmente dal premier Silvio Berlusconi e dal leader del Carroccio Umberto Bossi, era allincirca quella che il governatore Roberto Formigoni aveva sollecitato ad agosto, subito dopo il jaccuse al vetriolo pronunciato dalle colonne dei giornali dallassessore leghista Alessandro Cè (i noti attacchi a Cl e ai cosiddetti «giochi di potere» che governerebbero la sanità in Lombardia).
In quelloccasione Formigoni chiese le scuse, formali e sostanziali, da parte dellesponente della Lega, ma non le ottenne. Quelle scuse non sono mai arrivate, ma al loro posto - seppur dopo oltre un mese e mezzo di attriti, litigi, rotture allinterno della maggioranza regionale - il governatore ha ottenuto qualcosa di più: limpegno da parte del partito padano, avvalorato da Berlusconi, a sostenerlo nellazione di governo, condividendone metodi di lavoro e linee programmatiche, insieme ad una stigmatizzazione forte di (riportiamo testuale dal documento finale) «tutti i comportamenti che nel tono e nel contenuto sono contro le ragioni dellalleanza e la continuità della linea politica», aggiungendo inoltre che «tali comportamenti non saranno più ritenuti ammissibili per il futuro».
Come dire: dora in poi, in Regione Lombardia, chi sbaglia pagherà dazio. A cominciare proprio dal «ribelle» Cè (protagonista, nei primi due mesi di legislatura regionale, di frequenti risse coi colleghi di giunta) che stamattina riprenderà regolarmente il suo posto in giunta, tornando ad occuparsi di sanità. Ma il monito è indirizzato, ovviamente, a lintero gruppo consigliare del Carroccio, il cui feeling col governatore della Lombardia si è interrotto da parecchio tempo: con quel documento in mano Formigoni possiede ora il jolly da poter giocare non appena i lumbard cercheranno nuovamente di mettere i piedi sul tavolo.
Tutto come prima, insomma, seppur dopo un vero e proprio «settembre nero» per il Pirellone. E infatti ieri, proprio allinterno della Cdl lombarda, erano in tanti a manifestare stupore per come si è conclusa la tanto tribolata «verifica» di maggioranza, dal momento che pressoché nessuno pensava che la querelle si sarebbe risistemata con un ritorno alla situazione iniziale. Soprattutto dopo i colpi bassi inferti a Formigoni e, contemporaneamente, al suo uomo di punta in Regione Giancarlo Abelli (titolare del welfare e nemico pubblico numero uno per i leghisti), dalla Padania.
«Quando laltra sera Bossi si è assunto fino in fondo tutte le responsabilità dei comportamenti della Lega e del quotidiano del partito, ho capito che cera spazio per siglare una pace vera» ha spiegato ieri un Formigoni soddisfatto per la conclusione della vicenda. Anzi, di più: «Pienamente soddisfatto». Anche per la formula con cui è stata risolta la crisi: praticamente quella da lui richiesta un mese prima. «Il fatto che quel tipo di soluzione venga messa in atto solo adesso è dovuto alla mia grande pazienza e alla mia saggezza». Se poi per arrivare alla conclusione auspicata fin dallinizio si è dovuto rallentare lazione amministrativa regionale e convocare il consiglio appena due volte dopo le ferie dagosto, il governatore contrappunta dicendo che «lattività di governo non si è mai interrotta e le convocazioni del parlamentino non dipendono dal sottoscritto. Eppoi ogni avvio di legislatura è lento».
Nel ritrovato clima di serenità, Formigoni mette da parte pure lirritazione manifestata nei giorni scorsi per il voler dirottare sempre ad Arcore ogni soluzione locale, mischiandola a quelle nazionali.
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