Politica

Bossi: «Ho scoperto che non ce l’hanno con noi»

RomaLa Lega di lotta e di governo non è una novità: capace come nessuno di aizzare i militanti nei gazebo della val Brembana ma anche di trattare nei palazzi romani. Tegn dür ma anche parlaa con tücc (parlare con tutti).
In questo scorcio d’estate emerge in tutta la sua limpidezza la strategia del Carroccio, fatta di dialetti e dialogo, canotte e tonache, strappi e ricucite, proteste e proposte, sparate populiste e progetti popolari. Un mix che ha un solo nome: realpolitik. Una condotta che ha un solo artefice: Umberto Bossi. Lui, cresciuto a pane(ttone) e politica guida il Carroccio verso un solo traguardo: incassare quello che gli interessa, (federalismo in primis) e conquistare spazi in vista delle regionali dell’anno prossimo. C’è quindi il tempo degli slogan sull’inno, Roma ladrona, lingue locali, bandiere regionali equiparate al tricolore, neo Barbarossa e fiction sottotitolate in varesotto; e il tempo del colloquio, dell’apertura, della mediazione. Nelle ultime ore è l’ora del dialogo.
Ed ecco che giovedì scorso, in Vaticano, il verde pisello dei fazzoletti nei taschini delle giacche del Senatur e del ministro Calderoli si mischiano al rosso porpora dello zuccotto del cardinale Bagnasco. «La Lega del dialogo», titolava ieri a caratteri cubitali la Padania. Un inno all’intesa, alla sintonia tra via Bellerio e Santa Sede. Incenso puro sulle ultime frizioni tra partito e Chiesa ma non solo. Di più: totale convergenza di idee e propositi su un vecchio progetto leghista, la cosiddetta «detax». Il progetto spiattellato anche in Vaticano è una tassa etica sulle transazioni internazionali «da destinare ai poveri, alle popolazioni che hanno fame. Così evitiamo che partano coi barconi della morte», parole del ministro Calderoli. Musica per le orecchie del presidente della Cei e olio sulle recenti ruggini in materia di immigrazione.
Armonia e reciproca comprensione anche sugli altri nodi affrontati davanti all’ecclesiastico tavolo: biotestamento, pillola Ru486, («Non siamo molto favorevoli a farla passare, la Lega è favorevole che nascano i bambini» ha detto ieri il Senatùr), temi etici in generale. Anche perché, come ha ricordato Bossi: «La Lega è l’unico partito che veramente ha radici cristiane» e «ho scoperto che la Chiesa non ce l’ha con noi». A suggellare l’amicizia tra OltrePo e Oltretevere, il presidente dei deputati verdi, Roberto Cota: «Ci sono state opinioni espresse da singoli esponenti che non condividevamo, ma la nostra politica, anche sull’immigrazione, è perfettamente in linea con i valori cristiani».
E poi l’altro fronte - tutto sociale e popolare - su cui parlare, dialogare, confrontarsi: quello sui salari territoriali per agganciare le buste paga al reale costo della vita. Tema più che mai nordista visto che «Al settentrione i lavoratori non riescono ad arrivare alla fine del mese perché qua vivere costa di più», Bossi dixit. Ed ecco il summit, sempre giovedì scorso, con i sindacati Cisl e Uil, «così, per tastare il terreno». «È andata bene», rassicurava il leader. Niente colpi di testa ma dialogo e tavoli aperti con le parti sociali, tanto «lo spazio c’è», assicurava Rosi Mauro, storico leader del sindacato padano.
Le ragioni della strategia del tavolo aperto si riassumono nel «non fare come con la devolution» quando il progetto leghista, osteggiato a muso duro dall’opposizione, venne cassato dal referendum. Meglio evitare, cioè, di fare le riforme con il pugno sbattuto sul tavolo, a colpi di maggioranza. E la strategia del dialogo, fino ad oggi, ha dato i suoi frutti.

Il Carroccio ha aperto al Pd, ha accettato una miriade di consigli dalla sinistra e il risultato è arrivato: ha incassato il federalismo fiscale perché - parole del Senatur - «era l’unico modo per farlo passare».

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