Bpm, le tre sfide sul tavolo di Montani

Bpm, le tre sfide sul tavolo di Montani

A poco più di tre mesi dall’assemblea di ottobre la guerra intestina che ha consegnato la Banca Popolare di Milano ad Andrea Bonomi, rischia di trasformarsi un una Waterloo per l’associazione «Amici», lo storico baricentro sindacale della cooperativa milanese. Oltre alla lettera in cui Bankitalia ha minacciato pesanti sanzioni contro gli ex vertici dell’associazione, l’affondo decisivo è stato l’arrivo di Piero Montani come capo azienda.
Una vittoria per Bonomi, ottenuta sotto lo stretto controllo della Vigilanza, che sta riuscendo a un tempo a contenere gli ex alleati sindacali e a dominare i malumori del Cds, dove comunque si starebbe allargando la coscienza della necessità di tagliare con il passato. Intanto in Piazza Affari il titolo Bpm ha recuperato il 22% nell’ultima settimana, tra volumi intensi dietro cui ci sarebbe ancora il fondo Capital Investment del finanziere Raffaele Mincione (già titolare dell’8%).
Notato al primo piano di Piazza Meda per il piglio e le sopracciglia aggrottate, Montani martedì sarà ospite del consiglio di sorveglianza per scattare una fotografia della gestione del gruppo. Oltre ad affrontare il budget del 2011, sarà l’occasione per il Cds di ottenere chiarezza sulle strategie dell’istituto. Alcuni consiglieri si attendono che il neo ad interverrà sul piano industriale per imprimere una decisa accelerazione all’attività di banca tradizionale a discapito della componente finanza (da cui proviene il dg uscente Enzo Chiesa) e procederà a un marcato ridimensionamento dell’area immobiliare.
L’obiettivo è convincere Bankitalia a cancellare, nel medio periodo, i penalizzanti «add-on» sul computo del rischio che a fine 2011 avevano mandato in zona d’allarme il Core Tier One obbligando l’istituto a ricapitalizzare. Montani, che dovrà fare combaciare le minori risorse raccolte (800 milioni contro un potenziale di 1,2 miliardi) con il nodo dei Tremonti bond, ha comunque tre ordini di problemi. Il primo ostacolo di natura strutturale da risolvere è un cost-income senza pari nel settore (75,4% a settembre 2011), oltre a circa 1.300 esuberi a livello di gruppo (concentrati negli uffici centrali) e all’ipertrofia della rete in alcune aree di insediamento storico. A livello organizzativo ci sarebbe invece la necessità di stringere i controlli sull’autonomia oggi riconosciuta ai direttori di filiale così da migliorare la qualità del credito, mentre la prospettata esternalizzazione del Ced (il Centro di information technology) potrebbe sottrarre alla banca un radar di controllo sull’operatività.
Il grande interrogativo resta poi il taglio dimensionale necessario a Bipiemme, che potrebbe diventare il giusto incastro industriale per Popolare Emilia (rispolverando il vecchio piano di fusione) o per la Popolare di Vicenza. L’addio, considerato imminente di Chiesa, costituisce poi un altro dolore per gli Amici che perderanno l’uomo cui avevano affidato la «continuità» della cooperativa nell’era Bonomi: la trattativa per la buonuscita sarebbe alle battute finali e Chiesa avrebbe coinvolto alcuni legali anche se Montani avrebbe finora respinto le richieste pervenute.


Senza contare che gli Amici, spalleggiati da Fisac e Uilca, devono ora fare i conti con l’offensiva di «Arco», la nuova associazione promossa da Fabi Bpm e Fiba con l’idea di dare nuova voce alla base della banca, erigendo una netta separazione tra incarichi associativi e sindacali.
Twitter:@marestelli

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