Fabrizio de Feo
È uno dei pochi talenti del jazz che è riuscito a portare la sua musica fuori dai confini degli appassionati del genere. Un privilegio che oggi forse compete solo a lui, a Pat Metheny e a Keith Jarrett, star planetarie di un genere in costante ascesa. E come loro ama il rapporto costante con il pubblico. Brad Mehldau arriva domani sera allAuditorium con la sua musica emozionante, virtuosa, innovativa, intensa che prende ispirazione da fonti diverse come la classica, il jazz, il pop. Il 15 maggio scorso sono state presentate con grande successo alla Carnegie Hall alcune sue nuove composizioni per piano e voce soprano (quella della cantante Renée Fleming) che gli erano state commissionate da Robert Harth, direttore artistico della prestigiosa sala da concerto. A Roma invece sarà da solo davanti al suo pianoforte per dimostrare che prima di tutto è un grande solista e improvvisatore.
Mehldau, nato in Florida nel 70, è stato da subito un bambino prodigio. I suoi primi interessi andavano dal repertorio classico al rock. La scoperta del jazz è arrivata dopo: «Mio padre aveva alcuni dischi di jazz sparsi per la casa ma non mi avevano per nulla impressionato - ha raccontato il pianista -. Poi sono andato a una specie di campo estivo di musica classica per tre anni nel Berkshire vicino a Tanglewood. Quando trascorsi lì la terza estate avevo 12 anni e cera un giovane violoncellista che aveva tre anni più di me. Aveva una registrazione live del Coltrane Quartet che suonava «My favorite things». Mi ricordo che ci sedemmo sul pavimento per ascoltarla, era la cosa più meravigliosa che avessi mai ascoltato». Da allora è cominciata l'avventura jazz di Mehldau che ancora oggi considera Miles Davis la sua principale fonte dispirazione. Mehldau dalla metà degli anni 90 ha cominciato a suonare intorno al mondo a un ritmo serrato con il suo trio ma anche come solista.
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