"Bubbles" e gli altri. Ora anche i pesci sono da compagnia

Una famiglia in Australia ha speso centinaia di dollari per operare la bestiola malata

Un pesce per amico. Sembra strano pensare di avere un rapporto di amicizia con un animale tanto diverso da noi, per aspetto ma anche per ambiente di vita. E pare crudele relegare chi vive in sconfinati mari o lunghi nastri d'acqua corrente in un boccia o un acquario. Molti però considerano i pesci animali da compagnia, in grado di riconoscere il padrone e stabilire un rapporto con un umano.

A questo gruppo appartengono sicuramente i Dare, famiglia australiana proprietaria di Bubbles, una carpa giapponese, finiti nelle «news» per avere speso centinaia di dollari per un'operazione di 10 minuti, volta a rimuovere un tumore all'amato pesce. Questione non semplicissima come ha spiegato la veterinaria che l'ha eseguita, Ingrid Danyiyk della James Cook University Vet, perché il pesce deve essere anestetizzato prima di essere estratto dall'acqua per l'operazione, durante la quale acqua e anestetico vengono pompati attraverso le branchie.

Il fatto che l'operazione sia costata dieci volte il valore del pesce non stupirà nessuno, perché la salute di un animale cui siamo affezionati non ha prezzo. Bubbles era con la famiglia da cinque o sei anni e potrebbe vivere fino a 35.

Per tradizione in Giappone la carpa è un animale che porta fortuna. Ora Bubbles sta bene ed è tornato a nuotare insieme alle compagne nel laghetto ricavato in giardino. Molti animalisti sono però contrari agli acquari, come PETA, la potente e storica associazione per i diritti degli animali che sottolinea come i pesci siano animali intelligenti e sensibili «che pensano e provano dolore come cani e gatti» e hanno bisogno di interagire con l'ambiente e con gli altri pesci. Secondo uno studio dell'università di Oxford alcuni pesci apprendono più velocemente dei cani. E dunque, «anche l'acquario meglio gestito non può competere con il mare aperto».

Anzi, i pesci spesso soffrono prima di raggiungere il negozio ed esiste ancora la pratica di usare cianuro per catturarli, con conseguenze devastanti per la barriera corallina. Il 95 per cento dei pesci di acqua salata venduti negli acquari è catturato in mare, circa la metà muore durante la cattura e un altro 40 per cento prima di arrivare in negozio. E le specie più decorative sono a rischio per i motivi più disparati: ai tempi del successo del film Alla ricerca di Nemo ad esempio il pesce pagliaccio è sparito da molti tratti di barriera a causa della «pesca» intensiva: tutti i bambini ne volevano uno.

Un'appassionata di acquari, però, Claudia Dickinson - forse per fare ammenda - ha avuto un'idea: utilizzare acquari e acquaristi per salvare specie in estinzione. Il programma si chiama CARES (Conservation, Awareness, Recognition, Encouragement, and Support) e vuole portare consapevolezza nella comunità incoraggiando a conservare, allevare e scambiare pesci in via di estinzione per aiutare a preservare popolazioni vitali. CARES, che si considera un vero e proprio programma di conservazione, ha stilato un elenco di priorità di quasi 600 pesci d'acqua dolce, 80 dei quali appartenenti a specie non ancora formalmente descritte dagli scienziati. Il motto dell'associazione? «Una persona non può salvarle tutte, ma ognuno può salvarne una. E insieme possiamo fare la differenza».

Secondo questi anomali attivisti, 30 delle specie da loro registrate e mantenute in vita in cattività vanno ad aggiungersi alla «Lista rossa» delle specie minacciate redatta dall'Unione internazionale per la conservazione della natura.

Molte delle specie presenti nell'elenco non hanno valore commerciale come animali da compagnia e non sono note o giudicate interessanti dalle organizzazioni di conservazione.

Piccoli pesci anonimi magari, che non saranno mai protagonisti di film e non diventeranno star di pagine Instagram. E che senza questa strana lista e questi hobbysti appassionati probabilmente sparirebbero dal pianeta senza nemmeno due righe di «coccodrillo».

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