Claudio De Carli
Un quotidiano svedese ha aperto un sondaggio: il 60 per cento dei suoi lettori crede a Zidane, il 10 per cento a Materazzi. Cosa voglia dire non è chiaro: credere significa giustificare? Stiamo con il rimanente 30 per cento che ha preferito non lasciarsi ingannare, ma intanto Zidane continua a deludere. Lex capitano dei bleus è finito in un increscioso gioco delle parti, accusato di non dire la verità, ma non in quanto falso, ma in quanto reticente, cioè restio a dire cosa veramente gli abbia detto Materazzi, quasi volesse difenderlo. Il tabloid svedese Expressen se lè presa con lui proprio perché non ha riferito compiutamente loffesa ricevuta: «Zidane aveva promesso di dire tutto - si legge -, ma proprio nelloccasione più importante per chiarire la dinamica dellincidente si è rifiutato di riportare le esatte parole dette dal difensore italiano». Medesima frustrazione è espressa dal quotidiano tedesco Tagespiegel, il Berliner Zeitung va oltre e valuta il francese ambiguo e in bilico tra il difensivo e loffensivo. Mentre il Times ricorda come Zidane rimanga lidolo degli intellettuali, fatto di cui non tutti erano a conoscenza, il Wall Street Journal si pone linquietante domanda: «Cosa avrà mai detto lanimale per far arrabbiare il Dio?», aprendo un simpatico concorso fra specialisti del labiale, sociologi e filosofi. Si fa sempre più largo lidea che vedere la coppa in mano a quegli incasinati mangiaspaghetti degli italiani sia stata una mazzata tremenda. In soccorso di Materazzi è arrivato il suo patron Moratti: «Mi spiace sia caduto in questa polemica, anche Zidane ha escluso accenni al razzismo, non fa parte del giocatore e della nostra società». Duro Fernando Alonso, tifoso del Real Madrid: «Zidane è il mio giocatore preferito, ma non può comportarsi così, qualunque cosa gli possano aver detto». E Valentino Rossi, grande amico di Materazzi: «So che fino a pochi minuti prima si parlavano da amici e lo aveva perfino invitato a cena». Pulita la lettura da chi sul campo lavora, come Elizondo che ha diretto la finale: «Non ho sentito, ma qualunque cosa si siano detti non giustifica la pessima reazione e la violenza del giocatore». E Cristian Chivu, uno dei pochi a parlare senza mordersi la lingua: «Non è stato un professionista. Se si desse retta a quanto si dice in campo, scoppierebbe ogni volta una guerra civile». Ermetico Buffon, fra i più tonici e il primo a richiamare lattenzione negli istanti successivi allassalto di Zidane: «Secondo me ha reagito così perché era affaticato e teso, si è sentito colpito e ferito in un lato molto intimo». Un aspetto che sempre in Svezia ha aperto una vera voragine.
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