
L'appuntamento è per oggi. Ovviamente in video conferenza. Un triplo round. Con un primo giro d'orizzonte europeo (i cosiddetti "volenterosi" e i vertici di Ue e Nato) alle 14. Ci saranno Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Mark Rutte insieme al francese Emmanuel Macron, al tedesco Friedrich Merz, al britannico Keir Starmer, a Giorgia Meloni, al polacco Donald Tusk e al finlandese Petteri Orpo. Un secondo turno alle 15 a cui parteciperanno anche Donald Trump, il suo vice J.D. Vance e il presidente ucraino Volodymyr Zelenski. E un terzo tempo alle 16 con i leader dei Ventisette non presenti ai primi due step. L'occasione, insomma, per fare il punto sul negoziato tra Mosca e Kiev in vista del summit in programma venerdì 15 agosto in Alaska. E per cercare di fugare i dubbi dell'Ue su una trattativa che sia Bruxelles che le principali cancellerie europee ritengono in salita. Un fronte su cui ieri l'Unione europea ha deciso di non insistere troppo dopo le perplessità manifestate lunedì scorso da Londra, Parigi, Berlino e Varsavia. Che con accenti diversi hanno sostanzialmente puntato il dito sia sull'affidabilità di Vladimir Putin che sul valore politico e la percezione del vertice in Alaska, che - complice l'assenza di Kiev - rischia di essere il palcoscenico su cui il leader russo potrà rivendicare una presunta riabilitazione, quantomeno da parte di Washington. Nell'approssimarsi dell'appuntamento e alla vigilia della conference call di oggi, però, l'Ue ha preferito abbassare i toni. È "prematuro" parlare di un "cattivo accordo" per l'Ucraina, si tratta solo di "speculazioni", fa sapere un portavoce della Commissione Ue nel corso del consueto briefing con la stampa.
Ma le perplessità sull'attendibilità del Cremlino in un'eventuale fase negoziale con Kiev sono condivise anche da Palazzo Chigi. Trump - è il senso del ragionamento piuttosto agnostico di più di un ministro del governo italiano - ha voluto un incontro con Putin allo scopo di "verificare de visu" la sua reale volontà al negoziato. Come a dire, "vediamo come finirà...". D'altra parte, sul punto Meloni ha una posizione molto vicina a quella del cardinale Matteo Zuppi. "L'Ucraina - ha detto ieri il presidente della Cei - non è un oggetto ma un soggetto. E sicuramente non si può fare a meno di Kiev nei colloqui di pace". Non un dettaglio, considerando che - nonostante il pressing dell'Ue - al summit di Ferragosto l'Ucraina non è invitata.
E proprio la presenza di Kiev al tavolo negoziale è uno dei quattro principali punti su cui si sta concentrando l'Ue e pure il governo italiano. Gli altri, a cui si sta dedicando Meloni nelle sue interlocuzioni quotidiane con i leader Ue, partono da un punto fermo. Che il confronto avvenga nel contesto di un cessate il fuoco o riduzione quasi totale delle ostilità, una "moratoria" che secondo il governo italiano dovrebbe essere di almeno 15 giorni. Una tregua, dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che è "la condizione preliminare per un vero negoziato".
Gli ultimi due punti in agenda sono un negoziato che parta dalla "linea di contatto" (cioè il fronte di battaglia) e la certezza di adeguate garanzie di sicurezza che mettano l'Ucraina al riparo da future aggressioni russe.