
Una ragazza dagli occhi "color fiordaliso". Ricordava così Chiara Poggi la sua migliore amica del cuore e vicina di casa, Maristella Gabetti, in un'intervista dell'epoca proprio a Il Giornale. Era il 2007. Solo due settimane prima, il 13 agosto di 18 anni fa, la 26enne era stata uccisa barbaramente dopo avere aperto la porta al suo assassino. Secondo le sentenze passate in giudicato, ad ucciderla è stato Alberto Stasi. Era il suo fidanzato dell'epoca ed è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. Oggi si trova in semilibertà, esce cioè dal carcere per lavorare e poi vi fa rientro la sera, e ha quasi scontato del tutto la sua pena. Da tempo si rincorrono ricostruzioni alternative a Stasi colpevole e sono stati sollevati dubbi sulla responsabilità dell'ex studente bocconiano che si è sempre professato innocente. Per quell'omicidio la procura di Pavia quest'anno ha iscritto un nuovo nome nel registro degli indagati. Si tratta di Andrea Sempio, un amico del fratello di Chiara, Marco Poggi. Aveva 19 anni, quando Garlasco fu sconvolta dal delitto nella settimana più calda dell'anno, due giorni prima di Ferragosto.
Cosa dicono le sentenze
Il percorso processuale delle sentenze su Stasi è stato segnato da colpi di scena. Il giovane, che studiava Economia alla Bocconi di Milano, per il quale la procura ha sempre chiesto la condanna, è stato assolto sia in primo grado (era il 2009) dal gup di Vigevano che in secondo dalla corte d'Assise d'Appello di Milano. Ma l'ultimo grado di giudizio, cioè la Cassazione, gli è stato sfavorevole: i giudici non hanno confermato l'assoluzione, bensì hanno rimandato al secondo grado il processo. Nel cosiddetto processo d'appello “bis”, Stasi è stato condannato. Sentenza poi diventata definitiva.
L'omicidio
Chiara Poggi è stata uccisa sicuramente - lo dicono le sentenze e prima ancora la logica - da una persona che conosceva. Alle 9.12 del 13 agosto 2007 ha disattivato l'allarme della villetta di via Pascoli, per aprire la porta al suo assassino. Indossava un pigiama rosa, di tessuto leggerissimo vista la stagione, e aveva talmente fiducia nel suo visitatore "da non fare assolutamente niente" quando viene aggredita. È stata massacrata "senza fatica”: non ha urlato, graffiato, non si è divincolata, né difesa. Non si è fatta scudo con le braccia. La vita di Chiara, scandagliata in ogni direzione dagli investigatori dell'epoca, restituisce solo i risultati di una persona molto semplice. Ragazza "seria e timida", impiegata, aveva pochi amici e frequentazioni. "Chiara - si legge ancora nelle motivazioni delle sentenze - comunicava con le poche amiche attraverso il telefono di casa, il cellulare e le email, che poi scaricava su una chiavetta, che poi cancellava di volta in volta. C'era solo una persona con cui aveva contatti frequenti: il suo fidanzato Alberto Stasi, studente della Bocconi, prossimo alla laurea". Chiara, che "stava bene in famiglia, che lavorava, che era innamorata" aveva deciso di stargli vicino anche nella settimana più calda dell'anno, quella di Ferragosto dell'anno 2007. E questo, secondo i giudici, nonostante la difesa di Stasi abbia sempre provato a suggerire, "come purtroppo avviene in questi casi", una presunta "doppia vita" di Chiara. Doppia vita che però non esisteva.
La dinamica del delitto secondo le sentenze
La 26enne, che pesava meno di 50 chili, secondo le sentenze viene colpita vicino all'ingresso, poi ancora vicino alle scale che portano alla cantina. Il suo povero corpo viene poi gettato giù dalla scala di 13 gradini. Atterra sul terzo gradino e scivola fino al nono, dove verrà ritrovata dai soccorritori, già senza vita. Stasi viene incastrato da una impronta delle scarpe “a pallini” ritrovata sul luogo del delitto, marca Frau numero 42. È stata ritrovata sull'ingresso della cantina ma non sulle scale. Ecco la dinamica ricostruita nelle sentenze: l'assassino di Chiara non scende nemmeno un gradino, si ripulisce in bagno, lava il lavandino (c'è sangue sul tappetino del bagno) e scappa. Ritorna a casa, accende il computer alle 9.36 scrive un paio di decine di pagine della sua tesi di laurea, poi prova a chiamare Chiara. Sul suo telefono arrivano sette telefonate: tre dal cellulare di Stasi, alle 9.44, alle 10.47 e alle 13.31 e altre quattro da numeri anonimi (il suo telefono fisso aveva la funzione numero riservato). "Scopre" il corpo poco prima delle 14, chiama il 118 e dice al telefono: "Serve un'ambulanza. Credo che abbiano ucciso una persona. Forse è viva… non ne sono sicuro”. Poi va dai carabinieri in auto. I genitori e il fratello di Chiara, Marco Poggi, in quel momento erano in vacanza in Trentino. Nel mosaico di prove a carico dell'ex bocconiano ci sono le scarpe troppo pulite quando chiama il 118. Sulle suole non c'è sangue, e per i consulenti della procura questo è impossibile: dimostra che ha mentito, e che ha solo finto di scoprire il cadavere. Stasi lavora alla tesi a partire dalle 9.36: ventiquattro minuti sono, per i giudici, un tempo sufficiente per ucciderla e tornare a casa a bordo della sua bici (i cui pedali vengono scambiati) per gli inquirenti dell'epoca.
Sempio già indagato e archiviato due volte: nel 2017 e nel 2020
Sempio fu indagato e archiviato due volte, nel 2017 e nel 2020. In questo periodo la procura era guidata da Marco Venditti, che ha sostenuto recentemente che le prove scientifiche a carico di Sempio erano “infruttuose e inservibili”. Nel 2017 a scagionare Sempio fu il gip di Pavia Fabio Lambertucci, che decise su un'indagine nata da un esposto firmato da Elisabetta Ligabò, la mamma di Alberto Stasi. Nella denuncia si ipotizzava la presenza del dna del ragazzo sulle unghie della vittima. Un'ipotesi basata sulle conclusioni del genetista Pasquale Linarello che aveva firmato una consulenza difensiva di parte. Ma la procura, sentito di nuovo nell'indagine il genetista Francesco Di Stefano (che aveva firmato la perizia sul caso finita nei processi a carico di Stasi, già conclusi), chiese l'archiviazione dell'inchiesta, sostenendo che “tracce di dna di Sempio potevano ben posizionarsi sulle unghie di Chiara Poggi in via mediata”. In poche parole, il dna del ragazzo oggi 37enne poteva essersi posizionato sulle unghie di Chiara perché entrambi avevano usato lo stesso computer (il fratello di Chiara e i suoi amici, tra cui Sempio, lo utilizzavano per i videogiochi). Una seconda volta, nel 2020, Sempio fu archiviato per decisione del gip di Pavia Pasquale Villani. Ma i carabinieri del nucleo investigativo di Milano, nell'informativa inviata alla procura che chiese ancora una volta l'archiviazione, davano risalto a una impronta destinata a diventare “famosa”: la numero 33, posizionata sulla parete destra della scala che portava alla cantina dove è stato ritrovato il corpo. "È logico-fattuale che l'impronta sulla parete delle scale appartenga all'assassino", scrivevano. Per i carabinieri, quella traccia era insanguinata, anche se nel 2007 i Ris di Parma avevano effettuato due test per il sangue: il Combur test e l'Obti test. Il primo aveva dato esito dubbio, il secondo esito negativo.
Andrea Sempio e la nuova indagine del 2025. A che punto siamo
Nel marzo 2025 il nuovo colpo di scena. I carabinieri convocano Andrea Sempio per prelevare un campione di dna. Il giovane, oggi 37enne, è di nuovo iscritto nel registro degli indagati per il caso Garlasco, con l'accusa di omicidio volontario, questa volta “in concorso” con altri. Il suo dna viene confrontato con quello ritrovato sulle unghie di Chiara Poggi. I consulenti della procura danno ragione a Pasquale Linarello, il genetista consulente di Stasi che per primo aveva trovato il “match”: lo fanno sulla base del dna prelevato tempo prima dalla difesa di Stasi. Sempio viene quindi convocato per essere interrogato alla procura di Pavia - che nel frattempo ha avuto un cambio al vertice con la guida di Fabio Napoleone -, ma non si presenta per un cavillo legale e non viene più riconvocato. Nel frattempo la pressione mediatica su Sempio è fortissima. Le indagini vanno avanti: viene dragato il canale di Tromello, vicino a Garlasco, di cui avevano parlato alcuni testimoni, alla ricerca dell'arma del delitto. Vengono sentiti testimoni, tra cui anche la madre di Sempio sull'alibi del ragazzo, che aveva dichiarato di essere andato a Vigevano per comprare un libro, ma trovò il negozio chiuso, durante l'omicidio (aveva conservato lo scontrino di un parcheggio proprio a Vigevano).
L'impronta 33
La procura era inizialmente convinta che l'impronta 33 fosse intrisa di sangue di Chiara. È tutt'ora dello stesso avviso la difesa di Stasi che ha anche depositato una sua consulenza sul tema. La battaglia di periti (già 40 nelle inchieste e nei vari gradi di giudizio), si concentra sulle impronte (per la procura è rilevante anche la 10, che non è attribuibile a Sempio né a Stasi, ma non c'è sangue) e sui tamponi. Il 9 giugno 2025 gli investigatori, con anche il Ris di Cagliari, tornano nella villetta per ricostruire il modello 3d di tutta la casa, compreso il piano superiore e la cantina stessa. L'obiettivo è rifare da capo la Bloodstain pattern analysis, l'analisi delle macchie di sangue che serve per ricostruire la dinamica di un delitto.
La nuova tesi della procura
I carabinieri della Squadra omicidi di Milano, con i pm Stefano Civardi, Giuliana Rizza e Valentina De Stefano, mettono totalmente in dubbio la ricostruzione del crimine già passata in giudicato. Ipotizzano che l'assassino sia sceso fino al secondo gradino per lanciare il corpo, lasciando un'impronta della mano destra insanguinata sul muro. Sarebbe andato in bagno solo per guardarsi allo specchio (ha lasciato delle tracce sul tappetino), si è asciugato con dei teli da bagno (mai ritrovati), non si è lavato (le sentenze dicono di sì, e che nel farlo Stasi ha lasciato un'impronta sul dispenser del sapone) ed è uscito. Ma c'è un grande punto interrogativo. L'intonaco su cui era posizionata l'impronta 33 è andato distrutto, visto che c'era una sentenza passata in giudicato che ha visto la condanna di Alberto Stasi. I test del sangue non si possono ripetere, e tutte le consulenze confermano che potrebbero essere fatte solo sulle fotografie dell'epoca. Vengono rifatte altre analisi in sede di incidente probatorio, quindi nel contraddittorio delle parti, a garanzia di tutti.
Il tampone orale e ignoto 3: "Frutto di una contaminazione"
È ancora in corso, ma i primi risultati ci sono già, l'incidente probatorio: è stata analizzata la spazzatura alla ricerca di nuove impronte, ma è emerso che gli unici dna su Estathè e Fruttolo sono di Stasi e la Poggi, che è pacifico che siano stati insieme la sera prima del delitto. È stato anche aperto il tampone orale di Chiara: su una garza è stato trovato il dna di un “ignoto 3”, ma è ricostruibile solo secondo la linea paterna Y. Sin da subito si è pensato a una contaminazione del medico legale, ma il 12 agosto, il giorno prima del 18esimo anniversario dell'omicidio, la procura di Pavia ha diramato una nota.
Secondo i consulenti tecnici della procura, i genetisti Carlo Previderè e Pierangela Grignani, si è trattato di una "contaminazione" avvenuta durante l'autopsia. Finora le analisi sull'incidente probatorio non hanno fornito risultati diversi da quelli iniziali.