Priscilla Quagliarotti
Il Lazio è la regione che ha prodotto maggiore ricchezza nel 2004. È quanto emerge dallultima indagine della Svimez, secondo la quale il Lazio ha registrato una crescita economica del 4,6 per cento nel 2004, rispetto allanno precedente, distanziando di due punti la seconda e la terza classificata, ovvero Umbria e Sardegna (+2,6%). Mentre si allarga la forbice del pil tra Nord e Sud del Paese, la crescita del prodotto interno lordo nella nostra regione va di pari passo con il buon andamento delle imprese. Se leconomia ristagna, e soffiano i venti della recessione, per lUnione Industriali di Roma, la Capitale è invece, avviata su un sentiero di crescita superiore alla media nazionale. Laumento del numero dimprese (+1,8% nel 2004 rispetto al 2003 a Roma), degli occupati (Roma ha un tasso di disoccupazione pari al 7,5% rispetto all'8% dellItalia), e del tasso di occupazione femminile, (più alto di ben cinque punti a Roma, e di due punti nel Lazio, rispetto alla media nazionale), dimostra che non solo la Città Eterna, ma lintera regione, hanno saputo contrastare la crisi economica del Paese.
«Bisogna stare cauti - avverte però Gennaro Moccia, Vice Presidente dellUnione Industriali di Roma, nonché consigliere incaricato per il Centro studi-, perché questi dati sono sicuramente un buon risultato, ma vanno inquadrati allinterno della situazione nazionale che ha un tessuto diverso da quello romano e laziale; inoltre, occorre operare in modo che questi ottimi dati congiunturali, diventino strutturali. Il grande patrimonio di Roma e del Lazio - continua Moccia - sono il turismo, la cultura, e linnovazione: si tratta di continuare a sviluppare queste vocazioni, dando la priorità a settori come lindustria delle vacanze o il terziario». Nessuna nota stonata, quindi? «Si, e ne approfitto per fare una provocazione: il turismo sta andando molto bene (la ripresa della domanda turistica nazionale ed internazionale registra un +9,2% sugli arrivi, e +6,1% sulle presenze), però, non abbiamo ancora unagenzia del turismo o un convention bureau, o unagenzia per linnovazione, che sono gli strumenti tradizionali per chi ha un territorio come il Lazio».
Il sondaggio condotto dallUnione Industriali sulle imprese romane nei settori del manifatturiero e del terziario, evidenzia in realtà, un clima di fiducia a luci e ombre riferito al primo trimestre del 2005. Il manifatturiero, per esempio, vive unevidente crisi, legata a una carenza strutturale della domanda interna, e la buona tenuta del terziario innovativo mostrano, un riallineamento del quadro congiunturale romano con quello nazionale. Già, ma quali previsioni si possono fare sullandamento delle imprese per il prossimo anno? «Quelle che riguardano il manifatturiero sono sempre poco ottimistiche - risponde Moccia-, mentre nel terziario sono ancora cautamente buone, considerando che è un settore molto fluttuante, che vive di commesse; qualsiasi cosa succede a livello nazionale o internazionale, rischia di avere ripercussioni anche sul territorio laziale. Il terziario innovativo, ovvero le società di informatica, tecnologia, attività legate al turismo, alla cultura e allinnovazione, appartengono a un movimento in continua crescita, come dimostrano i dati della Camera di Commercio di Roma, che evidenziano un saldo positivo della nascita di imprese rispetto ai decessi aziendali; un fenomeno, in controtendenza rispetto ad altre città, come Milano».
Secondo gli industriali romani, limportante, però, è fare unanalisi qualitativa di queste aziende, perché il dato statistico sulla nascita delle imprese potrebbe essere deviante. A registrare la nascita di unimpresa non ci vuole molto, limportante è che sia in buona salute e abbia, quindi, una durata nel tempo. Limpressione degli industriali romani è che questo tipo di azienda non sia molto forte nel Lazio: forse dietro lo spontaneismo e la capacità individuale imprenditoriale, non cè sufficiente spirito manageriale. «Invece - osserva Moccia - bisognerebbe creare le condizioni affinché queste strutture, oggi solo micro, riescano a compiere un salto di qualità, entrando nella media dimensione, altrimenti sul mercato non si è competitivi».
In materia di competitività, se si osserva l'andamento delle imprese straniere nel tessuto regionale, anche qua non è tutto rose e fiori.
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