C’ERA UNA VOLTA UNA FIAMMA

Che cos’è rimasto del vecchio Movimento Sociale? Delle sue idee sulla politica, sullo Stato e anche - diciamolo con franchezza - sulla democrazia? Praticamente più nulla. Molto probabilmente fra gli elettori, soprattutto fra coloro che a causa di quelle idee ormai archiviate hanno trascorso una giovinezza da emarginati, in questi giorni c’è chi mastica amaro. Per alcuni, più che un archiviare è stato un rinnegare. È vero che al congresso di scioglimento di ieri e ieri l’altro sono stati pochissimi i nostalgici, scarse e flebili le voci dei contrari al Pdl. Però non è azzardato pensare che nella base un diffuso sentimento di delusione ci sia.
D’altra parte, anche chi non è mai stato missino non può non interrogarsi su come sia stata possibile una trasformazione tanto radicale. Il Msi nacque per dare continuità, dopo la sconfitta, all’idea del fascismo; era composto in gran parte da quella «generazione che non si è arresa» che aveva combattuto a Salò; la stessa fiamma del simbolo poggiava su una base che stava a rappresentare la bara di Mussolini. Com’è possibile passare da una simile identità a un partito che aspira all’imprimatur del Ppe? Dove ci sono i democristiani, gente «dagli occhiali e dal collo storto» come diceva Almirante?
Più che una svolta è una rivoluzione copernicana, tale da sembrare quasi incredibile.
Eppure, pare anche qui di scorgere una lezione della storia. Tutte e due le grandi religioni laiche della Modernità - la Destra e la Sinistra, categorie inesistenti prima della Rivoluzione francese - hanno dovuto abbandonare le loro forme più estreme, il fascismo e il comunismo, i cui eredi sono stati costretti a smantellare le proprie strutture ideologiche, rinnovare le proprie biblioteche, aggiornare i propri Pantheon. Ma quel che è successo in questi giorni con lo scioglimento di An sembra dimostrare che l’operazione di cambiamento sia stata più facile per la Destra che per la Sinistra.
Probabilmente è perché c’era una differenza ontologica persino tra le dittature di destra e quelle di sinistra. Le prime (eccetto il nazionalsocialismo, che è un caso particolare) erano autoritarie, le seconde totalitarie. Le prime erano spesso concepite come «dittature a tempo determinato»: è il caso della Spagna di Franco, ma anche di tanti regimi sudamericani. Perfino il fascismo italiano - benché Mussolini lo prevedesse millenario - era nato come una risposta «pragmatica» a un periodo di turbolenze: la sconfitta mutilata, il biennio rosso, un ordine da contrapporre alla debolezza dello Stato liberale. Solo dopo essere arrivato al potere il fascismo cercò di darsi, con Gentile, un collante ideologico.
Il comunismo, al contrario, partiva con una visione già perfettamente delineata, molto più precisa, molto più rigida. Il suo era un progetto definitivo sull’uomo e sul mondo. Per questo, quando hanno dovuto ammainare la bandiera, gli ex comunisti hanno faticato e ancora oggi faticano a cambiare pelle. È vero che anche la Sinistra - dopo la caduta del Muro di Berlino - è andata al governo in Italia. Però è vero pure che quei governi sono caduti proprio per l’incompatibilità tra i centristi e coloro che, invece, venivano dall’eredità comunista.
Oggi invece assistiamo a un fatto che mai, trenta o anche venti anni fa, avremmo immaginato: vediamo seduti su poltrone da ministro uomini che pensavamo irrimediabilmente condannati a un’eterna marginalità. Chi l’avrebbe mai detto? Coloro che parevano aver di fronte il sole dell’avvenire e le «magnifiche sorti e progressive» oggi non solo sono esclusi dal parlamento, ma stentano a ritrovare una propria identità. Al contrario, chi pareva destinato a restare «nelle fogne» ha cambiato quasi tutto di sé ed è al governo.
Degli eredi delle grandi dittature del Novecento, la Destra si è rivelata dunque più duttile. Non sto dicendo che per questo sia migliore: nella vicenda Msi-An, qualcuno può vedere anche il vecchio vizio del trasformismo. Sto dicendo solo che c’era, già in partenza, una maggiore possibilità di cambiare. Paradossalmente, proprio il difetto che la Sinistra le rimproverava - una base culturale debole - si è rivelato per la Destra un’arma vincente. Non avendo alle spalle un’ideologia filosofica come il marxismo, ha potuto liberarsi più facilmente del proprio passato.


A lungo andare, questa «debolezza» che si è rivelata «una forza» potrebbe però tornare a essere una debolezza. Perché il pragmatismo non basta, e senza un progetto sulla società si rischia solo di essere alleati di un cartello elettorale. E i cartelli elettorali hanno vita breve.

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