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Caccia al raìs: scatta il blitz porta a porta

La priorità ora è la caccia al colonnello. Per mettere fine alla battaglia per la Libia, che va avanti da sei mesi, i ribelli devono trovare Mo'ammar Gheddafi. E per farlo, stanno impiegando tutte le loro forze migliori.
Sono arrivati da Misurata, la città simbolo della resistenza al regime, teatro di un assedio durato lunghe settimane, e da Zintan, roccaforte ribelle sulle montagne dell'Ovest, terra di guerrieri berberi e combattenti arabi. Intere brigate di uomini armati in arrivo dalle due città si sono spartiti la capitale: i ribelli di Misurata setacciano da ore il compound di Bab el Azizia, ex quartier generale del rais, dove ieri si combatteva ancora. E perlustrano metro per metro i tunnel che si dipanano sotto la superficie della capitale.
I combattenti delle montagne, invece, hanno accerchiato un complesso residenziale nel quartiere di Abu Slim, dove credono si sia asserragliato il colonnello.
Per prendere Gheddafi e mettere fine al suo lungo regime, i ribelli hanno messo in piedi cellule di combattenti speciali. Khaled al Zintani, portavoce militare nelle montagne dell'Ovest, da dove è partita l'offensiva su Tripoli, ha rivelato l'esistenza di una stanza dei bottoni dedicata alla caccia a Gheddafi, dove siedono ufficiali dell'intelligence ed ex militari del regime. E da due giorni, sulla testa del colonnello pende una taglia da due milioni di dollari. I ribelli lo vogliono vivo o morto. Anche se fonti ribelli hanno rivelato che il colonnello potrebbe nascondersi a Tripoli, la caccia, in un Paese enorme e desertico come la Libia - dove intere aree sono ancora sotto il controllo del regime - potrebbe rivelarsi però lunga e sfiancante. Sulle tracce di Gheddafi non ci sono soltanto i ribelli. Il ministro della Difesa britannico Liam Fox ha confermato che la Nato sta aiutando i rivoluzionari. La Sas, le forze speciali dell'aereonautica britannica, appoggia i ribelli, sotto diretto ordine del premier David Cameron e Washington ha garantito il suo sostengo a livello di intelligence.
«Lo hanno trovato», grida entusiasta al suo cellulare Abdallah Belhaj, alla guardia di un check point di quartiere. Alla notizia, decine di persone convergono nervose verso di lui, per avere maggiori dettagli. Finché le televisioni di tutto il mondo non avranno dato la notizia dell'arresto del rais, Tripoli resterà una città sospesa. Ieri, le strade di quei quartieri dove ormai il controllo dei ribelli si è consolidato, hanno ripreso lentamente a vivere. Molti mercati rionali hanno riaperto, anche se manca di tutto, dalla benzina al pane.
Gli abitanti escono in strada, non ci sono soltanto ribelli e uomini armati, ma anche donne che vanno a fare compere, un'attività che però a Tripoli può essere ancora fatale: i combattimenti non sono finiti e le rese dei conti sono soltanto all'inizio. Al centro medico di Tripoli, uno degli ospedali più grandi della capitale, Ali Mudir è accovacciato a terra, la faccia rigata dalle lacrime.
A pochi passi, in rianimazione, stanno operando sua madre. Era scesa a fare la spesa, nel quartiere di Khaled Farjan, quando qualcuno a bordo di un'automobile in corsa ha aperto il fuoco contro i passanti.

Pochi minuti dopo, la donna è morta, tra le urla di dolore della famiglia.

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