Lanno scorso il prodotto interno lordo - quellinsieme del valore di beni e servizi prodotti in un anno dallintero Paese, in sintesi la ricchezza nazionale - è calato dell1%. Una cifra, quella resa nota ieri dallIstat, che ci riporta indietro di oltre trentanni. Per trovare una recessione così sensibile, bisogna infatti ritornare al lontano 1975, quando il Pil decrebbe del 2,1%.
Simili i tempi grami, completamente diverse le condizioni fra allora e oggi. Nel 75 linflazione media annua si trovava intorno al 17%, a causa della stretta petrolifera attuata dai Paesi arabi sconfitti da Israele nella guerra del Kippur del 73, mentre ieri lIstat ha segnalato che nel febbraio scorso linflazione è rimasta stabile all1,6%. Una seconda importante differenza riguarda i conti pubblici: il deficit 2008 si è fermato al 2,7%, cioè nettamente al di sotto del limite di Maastricht, mentre il 1975 si chiuse con un disavanzo pubblico disastroso del 12,2%. Il 1975 fu lanno dellintesa Confindustria-sindacati sul punto unico di contingenza (il famoso accordo Lama-Agnelli), che ebbe leffetto perverso di provocare una vorticosa spirale prezzi-salari. Qualche settimana fa, allopposto, imprese e sindacati (tranne la Cgil) hanno firmato un accordo che lega in parte gli aumenti salariali a incrementi di produttività.
Lelenco delle diversità fra il 1975 e i giorni doggi potrebbe continuare a lungo. Ma, a ben vedere, non mancano neppure le somiglianze. La crisi dellauto, per esempio. Non è casuale che a Wall Street il titolo General Motors sia tornato ai livelli, indovinate un po, del 1975. Così come sembra paragonabile lattesa fideistica nei risultati dei consessi internazionali: oggi il G20 che si riunisce a Londra in aprile, allora il G7 che il presidente francese Valery Giscard dEstaing inaugurò nel novembre 1975 al vertice anticrisi di Rambouilet. Tutti sperano che i risultati di Londra siano migliori di quelli parigini.
Il -1% del Pil italiano 2008 è dunque molto diverso dalla recessione del 75, anche se la situazione internazionale presenta qualche inquietante somiglianza. Proprio il confronto internazionale ci può offrire qualche motivo di sollievo: allora lItalia era la peggiore della classe, adesso un deficit 2008 al 2,7% non spaventa. «Sono dati che riceviamo con grande soddisfazione commenta il ministro dellEconomia Giulio Tremonti -: ci hanno consentito di mettere fieno in cascina per il 2009». Nellarea delleuro, la Francia ha chiuso lanno scorso al 3,2%, la Spagna al 3,8%, la Grecia al 3,7%, lIrlanda al 6,3%. La Commissione europea ha chiesto sei procedure dinfrazione per deficit eccessivo, e lItalia non figura nellelenco. Inoltre, lIstat sottolinea che sempre nel 2008 la pressione fiscale è calata al 42,8% del Pil rispetto al 43,1% del 2007, specialmente grazie allabolizione dellIci sulla prima casa. Ha tenuto anche il lavoro, con un aumento dello 0,35% degli occupati. I redditi da lavoro e le retribuzioni lorde sono aumentati del 3,7%. Male, al contrario, le esportazioni, con un calo del 3,7%.
Lannus horribilis sarà però il 2009. Il governo prevede un calo del Pil del 2%, la Confindustria del 2,5%.
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