Non bastavano gli auricolari con archetto al collo e microfono, non bastava la micro-telecamera, prepariamoci allo stetoscopio, allo sfigmomanometro. L’ultima geniale idea della Fifa dispone che l’arbitro possa mandare fuori dal campo di gioco, per due minuti di punizione, il calciatore che fingerà di essere infortunato. Non è dato sapere con quali dispositivi l’arbitro medesimo potrà accertarsi sulla veridicità dell’infortunato; l’Aia distribuirà Il Malato immaginario di Molière? Tutto è possibile in questo circo pedestre che è diventato il calcio della Fifa, un teatro dell’assurdo, un Grande Fratello che ignora la storia e lo spirito agonistico di questo meraviglioso sport. L’arbitro (e i suoi capi) si veste da dominus, l’ego è illimitato.
Il finale di Milan-Lazio, come di Fiorentina-Juventus, ha confermato l’aspetto ridicolo del ruolo arbitrale, non più colui il quale dirige il gioco e applica le regole ma l’attore che si fa fotografare in tronfia postura prima del fischio d’inizio e poi interpreta una recita, disegna nell’aria il monitor, corre a bordo campo per controllare quello che gli è sfuggito, rientra, si ferma a centrocampo, apre l’audio, annuncia secondo copione: «A seguito di revisione...» e inventa contatti, contrasti, falli di gioco per giustificare l’impossibile.Non è più football. È la sua fine. Anzi è la Fifa.