Calcio

"Non era mica una vergogna marcare l'avversario". Giuseppe Volpecina racconta il calcio anni Ottanta

Abbiamo intervistato Giuseppe Volpecina, ex terzino sinistro. Nel 1986-87 ha vinto lo scudetto con il Napoli di Maradona. Poi ha giocato in altre squadre come Palermo, Pisa, Verona, Fiorentina. Appese le scarpette al chiodo ha fatto il dirigente e l'osservatore. Attualmente fa il nonno a tempo pieno

"Non era mica una vergogna marcare l'avversario". Giuseppe Volpecina racconta il calcio anni Ottanta

Può vantare, nel suo palmares, la vittoria del primo storico scudetto del Napoli (186-87), grazie anche alle sue 25 presenze e i due gol segnati. Giuseppe Volpecina, proprio nella stagione del tricolore, segnò una rete memorabile alla Juventus, che contribuì al successo della sua squadra a Torino. Un sinistro a giro perfetto, che accarezzò il palo superando Tacconi. Il gol dell’1-3 al Comunale fu il sigillo a una partita indimenticabile per i tifosi del Napoli, che da quel momento iniziarono a credere che lo scudetto non fosse soltanto un sogno. Volpecina che ha giocato dal 1976-77 al 1991-92, ha militato anche in altre squadre importanti come Palermo, Pisa, Verona, Fiorentina, per chiudere la carriera nella Casertana. Lo abbiamo intervistato per ripercorrere, insieme a lui, il calcio dei suoi tempi.

Si ricorda la sua prima volta con le scarpe chiodate a tirare calci a un pallone?
"È successo qua, sui campi di San Clemente, frazione di Caserta, dove sono nato e vivo tutt'ora. Però non erano scarpette chiodate ma super consumate e, quando pioveva scivolavo in continuazione. Erano scarpette che avevo 'fregato' ai miei fratelli per andare a giocare. Si parla di inizio anni Settanta. Economicamente eravamo una famiglia molto umile ed i miei genitori non si potevano permettere di comprarmi le scarpe di Messi o di Ronaldo a 200 o 300 euro, quindi mi dovevo arrangiare".

Dove ha iniziato la sua carriera da professionista?
"Passai alla Casertana all'età di 14 anni, al settore giovanile, esordendo poi in prima squadra il primo maggio 1977, perché dovevo compiere 16 anni. Il regolamento dell'epoca prevedeva che prima di quell'età non potevi giocare in prima squadra. A fine stagione, passai al Napoli".

Ha giocato in diverse piazze importanti. Quale ricorda con maggiore affetto, al di là dei risultati e dei compagni di squadra?
"Ricordo tutte le piazze dove ho giocato con grande affetto, ho avuto la fortuna di andare in città bellissime, mi sono trovato molto bene e la gente di quelle città mi vuole ancora molto bene, ho avuto la fortuna di giocare al fianco di calciatori importanti, fra cui il numero uno che era Diego Maradona ovviamente, ma anche Roberto Baggio. Sono stato a Palermo dove sono stato benissimo, i palermitani sono persone eccezionali, poi andai a Pisa, perché il grande presidente Anconetani mi inseguiva da tantissimo, da quando con il Napoli venivo a disputare il Torneo di Viareggio allo Stadio dei Pini.

Come andarono le cose con Romeo Anconetani?
"Sono stati due anni bellissimi all'ombra della Torre Pendente, con un campionato cadetto stravinto. Peccato per la retrocessione dell'anno dopo. Sono stato bene lì, la città è bellissima, i tifosi del Pisa mi hanno sempre acclamato e sostenuto, li è nato anche il mio primogenito Michele. Romeo non mi avrebbe mai lasciato andare, anche se lui aveva preso un'impegno, con me, con una stretta di mano, che se avessi avuto una chiamata dal Napoli mi avrebbe lasciato andare, quindi mi accontentò. Mi cedette al Napoli in prestito con diritto di riscatto, lì vinsi lo scudetto ma poi la società partenopea non esercitò il diritto e fui girato al Verona".

Giuseppe Volpecina

Tra i presidenti ha avuto anche Corrado Ferlaino oltre ad Anconetani. Che analogie e quali differenze ha trovato tra loro?
"Due grandi presidenti con una grande passione per il calcio, Corrado Ferlaino era un po' più riflessivo, mentre Romeo era più vulcanico, per lui il calcio era tutto. Non ci sono più presidenti così, oggi la situazione è cambiata, si guarda solo agli utili, il calcio è un azienda dove si guadagna. Per carità, una cosa anche giusta, prima era solo passione ed i presidenti ci rimettevano anche".

Per un periodo ha giocato a fianco di Maradona, campione indiscusso. Com'era allenarsi con lui? È vero che, oltre a essere leader e capitano, era anche il "sindacalista" della squadra?
"Ottimi ricordi perché Diego Armando Maradona era eccezionale come calciatore, mai un disguido,mai un rimprovero. C'erano poi anche altri campioni come Bagni, Giordano, ma lui ha sempre sostenuto ed incoraggiato tutti noi compagni di squadra. Faceva la differenza da campione senza far pesare agli altri la sua superiorità. Si faceva rispettare e se doveva dire qualcosa anche agli alti vertici non si peritava e forse questo gli è stato, alla lunga, fatto pagare".

Facciamo un gioco: lei oggi torna nel passato, per un giorno soltanto, per rivivere un'emozione sportiva. Quale giorno (e partita) sceglierebbe?
"Sicuramente il giorno della conquista del primo scudetto con il Napoli il 10 maggio 1987 nella gara pareggiata 1-1 con la Fiorentina, con la fortuna di festeggiare il tutto nel nostro stadio. Una festa incredibile. Poi anche la promozione e la conquista della Mitropa Cup con il Pisa, la gara di Coppa Uefa con la Fiorentina contro la Juventus, una finale di Coppa Italia a Napoli, il gol che segnai a Torino, una finale Uefa con il Verona, insomma tutti momenti da ricordare".

Giuseppe Volpecina
Il Nobile Calcio

C'è qualche altra piazza che ricorda con particolare affetto?
"Sono stato bene anche a Verona, dove ho disputato una finale Uefa persa con il Werder Brema, dove, tra l'altro, segnai anche. Anche a Verona mi hanno sempre trattato bene, sostenuto ed applaudito.Mi è dispiaciuto tantissimo per l'ultimo anno a Caserta, visto che sono casertano, dove non è andata bene, con quella retrocessione, poi ho avuto anche un infortunio al ginocchio e da li ho smesso di giocare".

Una volta appese le scarpe al chiodo di cosa si è occupato?
"Per un periodo mi sono dedicato alla famiglia, mentre in seguito c'è stata una chiamata da parte del mio amico Antonio Cavallo, ex compagno di squadra nel Pisa, che faceva l'osservatore del Torino, e mio figlio Michele era stato osservato dalla squadra granata e là fece qualche anno. E Cavallo mi contattò dicendomi che gli faceva piacere se avessi collaborato come osservatore e così feci, girando per tutta Europa. Poi ci fu il Covid, e finito il contratto dopo altri 4 anni,quindi venni via dal Torino".

Ha avuto anche una esperienza da dirigente, come è andata?
"Si, mi sono dedicato ad una scuola calcio importante, la Mariano Keller di Napoli, a Secondigliano, dove abbiamo lanciato tanti giocatori importanti, ad esempio, per citarne alcuni, Sibilli, ora al Bari e Mandragora che è alla Fiorentina. E mi sono anche divertito".

Che impressione le fa la Serie A di quest'anno? Si sta divertendo?
"Rispetto al passato è cambiata molto. Poi,per carità, premesso che ci sono giocatori importanti anche adesso, prima,pero',a mio avviso, c'era più qualità. Ora poi il 60/70% non sono italiani. Per carità, non è questo un problema, anche se poi ne paghiamo le conseguenze a livello di Nazionale. C'è poi meno spettacolo, ma più tattica e fisicità.Lasciando perdere Maradona che era un fenomeno, però tolto lui,ai miei tempi, c'erano altri talenti come Platini, Van Basten,Rumenigge, Zico,ma anche italiani come Bruno Conti, Baresi, Maldini, Scirea, Baggio. Oggi dove sono? A meno che io non capisca più nulla di calcio".

Volpecina e Schillaci
Volpecina e Schillaci (Wikipedia)

Riguardo alla serie B cosa mi può dire?
"La B francamente la sto seguendo poco,al di la della classifica. Mi auguro solo che le squadre in cui ho giocato facciano bene, e penso sia al Palermo che al Pisa".

Quali differenze vede tra il calcio di oggi e quello dei suoi tempi?
"Oggi dicono di essere più moderni, noi marcavamo a uomo. Saranno anche piu moderni ma poi nessuno sa marcare, nessuno sa anticipare, stanno a tre metri dell'attaccante in area di rigore. Ma non era mica una vergogna marcare l'avversario. Del resto si gioca per fare gol e per non prenderlo. Negli ultimi metri devi marcare stretto l'avversario e non concedergli niente, invece oggi dicono, ma noi marchiamo a zona...".

Qualcuno osserva che oggi, tra le giovanili dei club, ci siano troppi stranieri. Non ci sono abbastanza italiani bravi da gettare nella mischia o c'è qualche altro motivo?
"Un 50% direi. Quando io seguivo le squadre giovanili non vedevo tanti talenti da portare in prima squadra, mentre quando giocavo io nella Primavera del Napoli in addirittura 15 su 11 siamo stati in prima squadra. Oggi in prima squadra ce ne arriva uno massimo due di giocatori. Perché anche nelle squadre primavera ora siamo pieni di giocatori provenienti dall'estero. Poi è questione di mentalità, se non si cambia qualcosa, andremo in difficoltà".

Come vede l'Italia ai prossimi Europei? Punti di forza e debolezza?
"L'Italia non la vedo particolarmente favorita, ma possiamo dare fastidio a chiunque, infatti chiunque preferisce evitarci. Possiamo essere comunque una sorpresa".

Cosa fa oggi Giuseppe Volpecina nella vita privata?
"Faccio il nonno, mio figlio Michele, che è pisano di nascita, ha due bambine, una di 6 mesi ed una di 5 anni e me le coccolo con piacere".

Nella sua carriera sportiva c'è qualcosa che rifarebbe o non rifarebbe?
"Ce ne sono tante,sia in un senso che nell'altro, è lunga la lista. Accetterei di nuovo tutte le richieste e le piazze dove sono stato e dove mi sono trovato magnificamente. Non rifarei una scelta, perché quando venni l'ultimo anno a Caserta avevo un problema al menisco: feci delle infiltrazioni che alla fine mi hanno distrutto il ginocchio non permettendomi di dare quello che avrei realmente potuto per i colori della mia citta. Questo è il mio più grande errore e rammarico, perché avevo la voglia di dare una mano alla mia squadra del cuore.

E da lì ho chiuso con la mia carriera calcistica".

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