Scholes non commenta più in tv. Ecco cosa è successo all'ex stella del Manchester United

L'ex calciatore dello United ha deciso di dedicarsi completamente al figlio ventenne Aiden, affetto sin da piccolo da una grave forma di autismo

Scholes non commenta più in tv. Ecco cosa è successo all'ex stella del Manchester United
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Paul Scholes ha deciso di interrompere tutte le sue collaborazioni da commentatore delle partite di calcio in diretta per prendersi cura del figlio Aiden. Lo ha spiegato agli ex compagni di squadra, Gary Neville e Roy Keane, insieme a Ian Wright e Jill Scott, durante il podcast Stick to Football. Aiden ha 20 anni e gli è stato diagnosticato un autismo non verbale sin da quando era piccolo, e necessita di cure 24 ore su 24.

Per vent'anni è stata una delle stelle del Manchester United di Sir Alex Ferguson. Centrocampista dai grandi tempi di inserimento e fiuto del gol (719 presenze, 155 gol con 11 Premier League e due Champions League, vinte nel 1999 e nel 2008, oltre che tantissimi altri trofei), adesso l'ex campione dei Red Devils ha spiegato i dettagli della sua vita privata. "Ho preso questa decisione quest'anno per lui, ovviamente a causa delle sue esigenze particolari. Non parla, non può parlare. Penso che capisca molto più di quanto pensiamo. Emette suoni, ma solo le persone a lui vicine capiscono cosa sta dicendo. È autistico ed è un autismo molto grave".

Scholes si è separato dalla moglie Claire, da cui ha avuto anche Alicia e Arron nel 2020 dopo 27 anni insieme, ma i due si dividono ancora i compiti di cura di Aiden e organizzano la settimana in una routine che lo aiuta a capire che giorno è. Così papà Paul lo porta ogni martedì a nuotare, sport che adora praticare, mentre dì giovedì lo porta a mangiare fuori. La domenica invece vanno da Tesco, dove Aiden, 21 anni a dicembre, compra un carrello di cioccolatini.

L'ex calciatore ha spiegato che suo figlio morde e graffia quando è frustrato perché non è in grado di comunicare i suoi sentimenti, e ha rivelato che, durante la sua carriera da giocatore, andava ad allenarsi allo United con dei segni sul viso che inizialmente non voleva spiegare."Ti mordeva il braccio o ti graffiava solo per la frustrazione che provava nei suoi confronti, perché non capiva le cose, non riusciva a dirti come si sentiva. Non ho mai avuto una pausa da quella situazione, nemmeno quando giocavo. Era molto dura a quei tempi, sembra che sia successo anni fa".

"I dottori non gliel'hanno diagnosticato fino ai due anni e mezzo. Ma capivi subito che qualcosa non andava, ma poi è arrivata la diagnosi, e io non ne avevo mai sentito parlare. Poi all’improvviso inizi a vedere tutto, non so se succede consapevolmente, non lo so.

Ricordo la prima volta dopo aver giocato in trasferta contro il Derby e non volevo proprio essere lì". Una storia che ha commosso l'Inghilterra e che aveva raccontato lui stesso nella propria autobiografia "Scholes: My Story".

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