da Roma
Una città dalleconomia «sfaldata», lambita da favelas e dove leccesso di tolleranza ha fatto esplodere lintolleranza. Difficile che questa volta sia la percezione distorta di certi fenomeni, vista la caratura del personaggio. Ancora più improbabile che Francesco Gaetano Caltagirone si sia convertito al leghismo più radicale. Facile, invece, che limprenditore più in vista della Capitale abbia voluto sollevare il velo sulla Roma contemporanea prendendosela con chi lha gestita negli ultimi anni, anche se non ha mai fatto il suo nome: il segretario del Partito democratico Walter Veltroni.
Il quadro di decadenza e arretramento lo ha dipinto durante la presentazione del rapporto Met, sulleconomia del Lazio. Chiarissimo il riferimento temporale: «Quello che è successo negli ultimi cinque anni è lo sfaldamento delleconomia romana», ha denunciato Caltagirone. Largomentazione è quella che i cittadini dellurbe già da qualche anno ripetevano a mezza bocca, per non guastare i peana sul «modello Roma», ai quali nessuno credeva, ma che tutto sommato facevano piacere. Roma paga una carenza significativa in termini di infrastrutture, a causa della «assoluta priorità che si è data a qualsiasi altra cosa». In altre parole: spettacoli invece che infrastrutture. Operazioni di immagine al posto della ordinaria manutenzione. E sembra ancora una volta di sentire le argomentazioni di chi poi ha i portato al Campidoglio il centrodestra e Gianni Alemanno. Il neosindaco al quale il costruttore ed editore si rivolge (anche in questo caso senza mai nominato) per chiedere «uninversione» di tendenza, da realizzare attraverso una «amministrazione amica che non consideri unazienda sana, che guadagna, come un soggetto da punire».
Ma la decadenza non è solo economica. Caltagirone è preoccupato anche dalla «crisi allarmante di sicurezza, perché la troppa tolleranza genera intolleranza. La mancanza di guida che ha avuto Roma negli ultimi anni lha fatta scivolare là dove si doveva assestare da sola». Un sintomo di questa anarchia sono le baraccopoli, rispuntate ai bordi della città come negli anni Cinquanta. «Roma non può essere la città delle favelas come Rio. Pensate se ci fosse stata questa situazione ai tempi delle Brigate rosse, con posti dove nascondere armi. Pensate anche a possibili focolai di epidemie». Parole dure anche contro i tassisti, categoria contesa dalla politica romana. «Lavorano unora al giorno e non vanno verso il cliente. Non devono più succedere situazioni in cui 10 mila persone bloccano la città».
Infine il colpo di grazia.
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