da Caserta
Dopo la strage esplode la rabbia e la violenza degli immigrati africani di Castelvolturno. L’inferno di fuoco, scatenato la sera prima da una mezza dozzina di sicari della camorra «casalese», nella piccola sartoria situata lungo la via Domitiana, e nel quale sono stati uccisi sei extracomunitari, ha spinto in piazza la comunità nera tra cui anche donne con bimbi al seguito. Almeno una cinquantina di persone che hanno fatto le barricate. E si è vissuta così un’altra giornata di tensione.
La strada Domitiana è stata ostruita da cassonetti di spazzatura, materassi e auto ribaltate poi messe di traverso; uomini armati di pali, spranghe e pietre a sfasciare negozi e macchine al grido di «italiani bastardi». Sassate anche contro i passanti dalla pelle bianca.
È dovuta intervenire la polizia con azioni di contenimento cercando però di non esacerbare ulteriormente gli animi: ci son volute ore per riportare la calma.
Erano tutte africane le sei vittime massacrate con almeno 120 proiettili, esplosi da due pistole e un micidiale Kalashnikov a Castelvolturno, mentre qualche minuto prima il commando della camorra aveva già eliminato un’italiano in una sala giochi della vicina Baia Verde. Obiettivo, il titolare, Antonio Celiento, 54 anni. Sette morti nel giro di pochi minuti.
A Castelvolturno, i killer sono arrivati a bordo di un Suv nero e due moto. Alcuni indossavano le pettorine con la scritta «carabinieri» e impugnavano le palette del ministero della Difesa. I falsi militari hanno aperto il fuoco, senza lasciare scampo agli immigrati ma, consegnando un messaggio inequivocabile a chi di dovere: qui comandiamo noi. Il locale dove è avvenuto l'eccidio, infatti, non era una semplice sartoria ma il luogo dove gli africani si davano appuntamento per la spartizione della droga, che facevano arrivare in Italia attraverso i propri canali.
Quando i poliziotti sono entrati nella sartoria «Ob.Ob Exotic Fashions», solo due immigrati respiravano ancora, gli altri cinque erano morti. Uno dei due è poi deceduto in ospedale: in un calzino aveva 700 euro, probabilmente, il frutto del suo lavoro di spacciatore.
A Castelvolturno da tempo sarebbe in atto un riassestamento del clan, provocato dagli arresti dei boss, tra questi, Francesco Bidognetti. Le redini della cosca sarebbero state prese dagli ex killer di Bidognetti, Alessandro Cirillo e Giuseppe Setola, entrambi latitanti. Proprio durante la fase del ricambio ai vertici della banda, i narcotrafficanti africani avrebbero cercato di approfittare della situazione, rifiutandosi di pagare la tangente ai casalesi, su ogni partita di droga importata. Da qui, la sentenza di morte della camorra.
Gli investigatori non hanno dubbi nel sostenere che l'uccisione di Celiento e la strage della sartoria, siano stati commessi dallo stesso commando. Diverso il movente. Celiento potrebbe essere stato ucciso per non aver pagato ai casalesi la tangente sul locale.
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