Al Campidoglio serve una ventata d’aria fresca

Caro Granzotto, siccome sei un attento analizzatore di fatti e stati d’animo, vorrei conoscere il tuo pensiero. Il candidato sindaco di Roma, quel tal Rutelli, di cui a suo tempo fu profetizzato dal Giusti, chiamandolo «Girella Emerito», accusato di essere del tutto privo di spirito, per farci ridere si ricandida sindaco di Roma, forse per recuperare il miliardo di euro che un Tribunale gli ha imposto di restituire. E per aumentare la comicità delle sue battute, si dichiara pronto a divenire «Sindaco dei rom». Poi afferma di voler mandare via gli stranieri che non hanno un lavoro. Domanda: da quando in qua i rom lavorano e zingari e nomadi si preoccupano d’avere un permesso di soggiorno? Non vorrei che il «Sindaco dei rom» conceda loro anche la seconda metà del Campo Boario del vecchio mattatoio, dopo che l’Amerikano Veltroni ha consegnato loro la prima metà. Non vorrei nemmeno che in ogni giardino, piccolo o grande che sia, privato o condominiale, possa parcheggiare in via permanente una roulotte di rom. Cerco un po’ di rassicurazione, prima che a 70 anni decida di emigrare.


Trecento milioni 674mila 228 lire, caro Ruggieri. Questa è la cifra che, in ottemperanza alla sentenza di Cassazione numero 1379 del 25 gennaio 2006, Francesco Rutelli deve restituire all’erario per via di certe faccenduole relative alle così dette «consulenze d’oro». Questo per la completezza dell’informazione. Certo che Rutelli ne ha di fegato. Andare a dire di voler essere il «sindaco dei rom» aggiungendo - con alto sprezzo del pericolo (e del ridicolo) - d’essere pronto ad aprire il «confronto» - il solito confronto, quella menata del confronto - con gli zingari. Ma come si fa, con cittadini coi nervi a fior di pelle, seguitare a far fronte alle emergenze calando la carta unta e bisunta del «dialogo»? Ben sapendo che il malessere dei romani è figlio proprio dei dialoghi e confronti profusi a piene mani e a tutta lingua dalle giunte Rutelli e Veltroni? È al dialogo, è al confronto che si devono quei campi nomadi dei quali ora il candidato sindaco dice: «Non posso immaginare che restino come sono adesso». Lasciando chiaramente intendere che, se eletto, procederebbe a farne dei sobborghi residenziali con tutti i comfort. Ma chi lo capisce, Rutelli? Cosa gli è venuto in mente di strizzare l'occhio alla trapassata sinistra tutta un arco e tutta un baleno che non avendo più occhi per piangere non ha nemmeno più voti da dare?
Vedi, caro Ruggieri, io non discuto la scelta di voler essere «il sindaco dei rom» né, di conseguenza, la propensione nei confronti di ospiti che per loro natura girovaga risultano allergici - oltre che alle regole, alla legge - al lavoro. Al quale preferiscono l’accattonaggio, il furto e lo scippo verso i quali mostrano una particolare disposizione e un ragguardevole talento. Ma non sopporto che tirando in ballo la cultura, la democrazia, l’«impegno nel civile», il dialogo e il confronto, i diritti delle minoranze e i violini tzigani, quei bei tomi ingiungano a noi di farceli piacere, gli zingari. In base al principio - recentemente illustrato anche da Michele Santoro e dalla sua principessina bionda - che quello che piace a loro è «giusto», quello che piace a noi è «sbagliato».

Fai dunque la cortesia, domenica prossima, di mandarli a quel paese con un voto che valga anche - occhio che qui sto parlando di cultura, qui scomodo la semiotica tanto cara al professor Umberto Eco e al principe de Curtis - da pernacchio liberatorio.

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