La campionessa: «Via le protesi al seno. Per vincere le Olimpiadi»

Prima donna e poi atleta, o prima atleta e poi donna? La domanda di fondo, per Jana Pittman-Rawlinson, è «semplicemente» questa, e sui piatti della bilancia stanno da un lato le medaglie e dall'altro le protesi del seno rifatto. Quella dell'atleta australiana, due volte campionessa del mondo sui 400 ostacoli a Parigi nel 2003 e a Osaka nel 2007, è una storia ordinaria di chirurgia plastica.
La ventisettenne, alta oltre un metro e ottanta, non era, per così dire, dotata di forme prorompenti: per questo, in un momento di pausa dall'attività agonistica dovuto agli infortuni che le hanno fatto saltare tanto i Giochi olimpici made in China di Pechino 2008 quanto i campionati del mondo di Berlino 2009, ha deciso di rifarsi il seno. E fino a qui, in effetti, la notizia sarebbe di poco peso: diversi assegni per un totale di circa 13mila dollari, e il petto era lievitato, con soddisfazione personale.
Tuttavia, le Olimpiadi di Londra 2012 si stanno avvicinando e per questo la Pittman-Rawlinson ha annunciato un repentino dietrofront: un «passo indietro», con rimozione delle protesi, per «avere più possibilità di vincere l'oro anche nella gara delle Olimpiadi inglesi», come ha rivelato lei stessa in un'intervista pubblicata dalla rivista Woman's Day, dicendo di essere «tornata piatta come una frittella».
Insomma, fra «soddisfazione» estetica e gioie sportive, l'ostacolista australiana ha scelto le seconde. «Ogni volta che correvo, ero presa dal panico - ha aggiunto - Temevo di poter indebolire la mia nazionale e il mio Paese a causa della mia vanità», di quel cambiamento che si era concessa per apparire, prima di tutto a se stessa, più femminile. «Quando mi guardavo allo specchio non vedevo altro che braccia muscolose, spalle larghe e gambe forti e grandi. Queste sono qualità necessarie per correre bene, ma non fanno certo di me una bella donna», aveva lamentato la Pittman.
Un desiderio che, alla fine, si è dimostrato frivolo, perché per quanto l'ostacolista fosse soddisfatta del suo seno più grande, è arrivata la marcia-indietro. «Sono abbastanza matura per conoscermi e per essere onesta con me stessa quando mi guardo allo specchio - ha detto la campionessa, che ha ribadito l'intenzione di sposare di nuovo l'ex marito e manager Chris Rawlinson -. Non voglio ridurre le possibilità dell'Australia, ma invece voglio sentirmi la più atletica possibile, sapendo che posso arrivare sulla pista di Londra nella forma migliore». Che, evidentemente per lei, non include il seno.
Ma il dibattito imperversa. Per Nicolò Scuderi, direttore del Dipartimento di chirurgia plastica e ricostruttiva dell’Università La Sapienza di Roma, quella di Jana è l’immagine di «un’amazzone che si sottopone a una mutilazione del seno per poter tirare con l’arco.

Una rarità assoluta - dice -, segno di un grande senso professionale. Poi c’è l’altra faccia della medaglia: in Italia sono circa 80-85mila gli interventi chirurgici per protesi al seno, il 30% dei quali dopo un tumore alla mammella.

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