«Canterò in italiano, come ai bei tempi»

MilanoPiccolo, minuto, sfuggente come un genietto della lampada: «Il mio genietto balordo» lo chiamava infatti Edith Piaf. «Il mio volto è il volto di chiunque», ribatte lui; e anche la sua voce non è granché. Ma è una voce dai toni giusti, che colpiscono l’immaginazione e il cuore, e che hanno fatto di Charles Aznavour un mito della canzone, e non solo francese. L’anno scorso, a 84 anni, s’è lanciato in un album di duetti e hanno fatto a gara per cantare con lui Sting, Celine Dion, Laura Pausini, Elton John. Ora, suonata la campana degli 85 magnificamente portati, decide che è tempo di tornare in Italia, a 26 anni dall’ultimo concerto nel nostro Paese, con sei spettacoli che partono il 30 ottobre dal Regio di Parma, con tappa agli Arcimboldi di Milano il 3 novembre. «È una tournée che mi costerà moltissimo - scherza Aznavour - perché verranno con me mia figlia che canta con me col marito, la nipotina, mia moglie, mio figlio che fa il ricercatore con la fidanzata. Mi faranno spendere tutto il cachet guadagnato».
Lei con l’Italia ha sempre avuto un rapporto privilegiato.
«Professionalmente autori come Mogol, Bardotti, Calabrese hanno scritto grandi canzoni per me. Amo cantare nella vostra lingua e in concerto eseguirò almeno 6 brani in italiano. Non so ancora quali ma certamente farò Dopo l’amore, il mio antico duetto con Mia Martini che da allora non ho più cantato».
Trova l’Italia molto cambiata?
«Il mondo cambia; la moda, la cultura, le canzoni si rivolgono soprattutto ai giovani che hanno gusti sempre nuovi. Non conosco la nuova Italia musicale, a parte il bel duetto che ho fatto con la Pausini e l’amicizia con Massimo Ranieri, che presto verrà in tournée in Francia, dove spero canteremo insieme. Però per fortuna ci sono cose che non cambiano mai: come il ristorante milanese che mi cucina pasta e fagioli come quarant’anni fa».
Pregi e difetti degli italiani.
«I loro pregi sono anche i loro difetti. Da voi ti accolgono come se ti conoscessero da sempre e appena te ne vai ti dimenticano subito. Ho una critica sola: colleziono dvd di vecchi film italiani, ma mi deludono perché sono in lingua originale, senza traduzione. Peccato!».
Paolo Conte ha detto che lei è il cantante ideale: com’è il cantante ideale?
«Il cantautore è senza dubbio quello più completo. Paolo Conte infatti è un grande».
I suoi preferiti?
«Charles Trenet è quello che mi ha influenzato di più. Amo Serge Lama e le ballate di Bob Dylan. Lui una volta venne a sentirmi a teatro; ci siamo incontrati quarant’anni dopo e ci siamo abbracciati come due fratelli».
Lei ha cantato con Carla Bruni: come la trova?
«Mi piace, ormai fa parte della grande famiglia dei cantautori».
Sa che Silvio Berlusconi cantava le sue canzoni?
«Sì, e anche quelle di Trenet. Ci conoscevamo un tempo. Un uomo che non poteva non piacere: cantava bene, aveva quadri bellissimi. Una volta mi ha mandato persino delle bottiglie di vino speciale. Da quando è entrato in politica non l’ho più visto e non saprei neppure giudicarlo. La politica non è per me. Comunque lui fa molta pubblicità all’Italia».
Non fa politica ma è ambasciatore.
«Dell’Onu, dell’Unesco e dell’Armenia, il mio paese di origine. Purtroppo per i miei impegni ufficiali non potrò venire in Italia a ritirare il Premio Tenco. Comunque il mio è solo impegno sociale, non politico».
Infatti già nel ’72 ha cantato un brano a favore dell’omosessualità. Canta brani impegnati ma anche spensierati, e canzoni d’amore d’infinita tristezza come «Com’è triste Venezia» e «Bon anniversaire»: come fa a non disperdersi?
«Ho un repertorio molto vasto, so quando è il momento di sorridere e quando arriva quello per riflettere. Le canzoni d’amore non sono fatte solo per dire "ti amo". Io ho scritto anche Vattene e ho cantato anche la cellulite. Non c’è limite nei brani d’amore perché l’amore non ha limiti».
Lei ha avuto successo anche come attore con registi come Truffaut.
«La timidezza unisce me e Truffaut.

Mi piace il cinema ma mi esprimo meglio con la canzone, ho avuto successo con entrambi i generi anche se la critica a volte mi ha attaccato per la voce, il fisico, la dizione. Meno male che anche i giornalisti sbagliano, non solo gli artisti».

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