Cantiere record: aperto da 50 anni Ma l'ospedale non è ancora finito

Nel '58 la posa della prima pietra del poliambulatorio di San Bartolomeo in Galdo, nel Beneventano. Spesi 24 milioni di euro per 150 posti letto mai attivati. E il pronto soccorso più vicino è a un'ora

Cantiere record: aperto da 50 anni 
Ma l'ospedale non è ancora finito

Roma - Poco prima di morire, all’età di 93 anni, Fra’ Aniceto di San Bartolomeo in Galdo ha detto ai suoi fedeli: «Mi rammarica il fatto di non aver potuto vedere realizzato e funzionante interamente l’ospedale». Molte volte, in cinquant’anni, aveva manifestato per dare ai cittadini della Val Fortore una struttura per l’emergenza, per far partire un centro di cura che non ha mai accolto un ammalato: l’ospedale Padre Pio. Prima pietra posta nel 1958, struttura a cinque piani per 150 posti letto, intitolazione solenne al santo di Pietrelcina nel 1997, 20 milioni di soldi pubblici spesi, altri 4 investiti di recente per un’ulteriore messa a norma, cambi di destinazione d’uso, battaglie di piazza, sacerdoti, donne e bambini in strada.
Nessun miracolo del Santo, né proteste, lettere e appelli, hanno potuto laddove disorganizzazione, burocrazia, leggerezza, e forse molto peggio, hanno creato uno dei ritardi più clamorosi dell’Italia delle infrastrutture fantasma. Fra’ Aniceto non è l’unico ad essersene andato senza vedere l’ospedale finalmente in funzione dopo tanta attesa, in questo paese del Beneventano a quasi 70 chilometri dal capoluogo, dove l’ambulanza arriva in mezz’ora e per essere ricoverati bisogna farsi portare a Campobasso. Non è sfortuna, ma la maledizione di un’opera avviata quando Fidel Castro invadeva Cuba e Giovanni XXIII iniziava il suo Pontificato, costruita e mai in funzione.

A maggio una donna con tre figli è morta per le complicazioni di un infarto e don Franco Iampietro, il parroco di San Bartolomeo, ha scritto in una lettera ai mezzi d’informazione: «Ho appena accompagnato al cimitero una mamma di tre figli morta per problemi cardiaci e, forse, perché figlia di questa terra». Provincia «disgraziata», la chiama, paese dove «si muore perché isolati». Un luogo dove non c’è il prontosoccorso e anche i lavori per migliorare il manto stradale e dunque per rendere più veloce il transito alle ambulanze che arrivano da lontano sono in alto mare. È un’Italia svantaggiata in cui solo adesso si stanno iniziando a cercare le colpe: «C’è un’autorità che possa raccogliere l’indignazione e la rabbia?», ha scritto il sacerdote.

Il caso dell’ospedale Padre Pio ieri è arrivato in Parlamento: alla Camera la deputata del Pdl Nunzia De Girolamo ha presentato un’interrogazione al ministro del Welfare e della Salute Sacconi per chiedere che intervenga presso la conferenza Stato Regioni al fine di attivare «una copertura territoriale minima» per le prestazioni di pronto soccorso, perché avvii un’indagine e perché scandali tristi come quello del «Padre Pio» siano svelati e risolti: il governo si attivi perché «in tutte le regioni sia data priorità all’attivazione di strutture già esistenti e non operanti».

Il sindaco di centrosinistra Donato Agostinelli ha recentemente ripetuto a una televisione del Beneventano di aver «incalzato quotidianamente l’Asl di Benevento, facendo pressione in Regione Campania». Nell’interrogazione si aggiunge: il sindaco ha dichiarato che «la struttura aprirà nel 2009 come country hospital, con due ambulanze, guardia medica, ottanta posti di riabilitazione gestiti da un privato». Ma da ciò si deduce che «mancherà proprio il pronto soccorso».

È il servizio di base che da cinquant’anni aspetta la terra «disgraziata» che dovette fare i conti anche con il terremoto durante i lavori interminabili: la struttura fu conclusa alla metà degli anni Settanta, ma alcuni anni dopo, vedendo che l’ospedale non entrava in funzione, alcuni cittadini istituirono un comitato e scrissero lettere all’allora presidente Sandro Pertini.

Si dovette aspettare oltre la metà degli anni Novanta per avere la garanzia dalla Regione Campania (presidente era Antonio Rastrelli) che l’ospedale avrebbe ospitato «un pronto soccorso attivo». Ma poi, racconta al Giornale un ex sindaco, Erminio Pacifico, ora all’opposizione per il centrodestra, «la giunta Bassolino ha declassato l’ospedale a centro di riabilitazione per anziani gestito da privati, senza struttura di emergenza». Neanche l’ospizio è comunque entrato in funzione, e molti dei macchinari sono stati buttati o «portati in altre strutture».

Ora l’ospedale ospita un centro analisi e alcuni uffici amministrativi della Asl. «Furono fatti anche concorsi, assunzioni - racconta sempre Pacifico -, ma le persone venivano assunte a San Bartolomeo e poi spostate dall’Asl a Benevento». Le stranezze sono anche infrastrutturali: «Hanno costruito l’eliporto per trasportare i casi gravi con l’elicottero, ma la nuova strada provinciale è troppo vicina». Nemmeno l’eliporto quindi è operativo. C’è poi un immobile che è stato «trasformato in parcheggio per l’ospedale». Ma senza ospedale a che serve per un paese di 6mila abitanti? «Un pozzo senza fondo di sprechi».

Per la fine di settembre

i cittadini stanno organizzando un evento pubblico in occasione del cinquantenario del Padre Pio: una festa che è una provocazione, paradossale come la storia di mezzo secolo di responsabilità politiche e amministrative.

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